venerdì 12 marzo 2010
Davanti ai giudici l’ex senatore Pdl ha ricostruito le trame illecite che hanno portato l’organizzazione a evadere 365 milioni al Fisco.
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I dirigenti sapevano tutto. Sapevano della maxi-truffa, del presunto riciclaggio di due miliardi di euro, dei 365 milioni sottratti al Fisco. L’ex senatore del Pdl, Nicola Di Girolamo, davanti ai magistrati, chiama in causa direttamente i manager di Fastweb e Telecom Sparkle e per la prima volta chiarisce responsabilità e ruoli dell’"affaire" che lo vede coinvolto. Per sé, ammette invece di aver ricevuto come compenso la somma complessiva di 1,7 milioni: 200mila euro gli vennero consegnati in contanti, «mentre ho ricevuto come quota personale la somma complessiva di un milione e mezzo che mi è pervenuta sulla società Gis (un milione) e sulle società Antiche Officine Campidoglio (500 mila)».Dopo i silenzi opposti nel primo incontro con i giudici, dunque, Di Girolamo ha deciso di parlare ricostruendo le trame illecite che hanno coinvolto, secondo l’accusa, esponenti della ’ndrangheta, imprenditori privati, società quotate e uomini delle istituzioni, in particolare nelle due operazioni denominate "Phuncard" e "Traffico telefonico". Secondo l’ex parlamentare, l’organizzazione aveva una mente (l’imprenditore Carlo Focarelli) e un braccio operativo (Gennaro Mokbel). «Mokbel – ha spiegato Di Girolamo – aveva a disposizione persone di assoluta fiducia, mediante cui venivano realizzati gli assetti societari indispensabili alla realizzazione delle frodi e al reimpiego del denaro ricavato illecitamente».Di Girolamo ha sottolineato di non essere «in grado di precisare le modalità di divisione e di erogazione di tali somme illecite che spettavano ai dirigenti delle società telefoniche». Quel che è certo è che «vi erano dirigenti ben consapevoli della illiceità delle operazioni che dovevano consentire di accumulare grosse somme di denaro frutto dell’attività illecita attraverso il meccanismo della frode dell’Iva». Ma quali erano i manager a conoscenza degli illeciti? Secondo quanto affermato da Di Girolamo erano, per Telecom Italia Sparkle, l’ex amministratore delegato Stefano Mazzitelli, l’ex responsabile dell’Area regioni europee della società, Massimo Comito, e l’ex responsabile del Carrier sales Italy, Antonio Catanzariti. Per Fastweb, invece, i dirigenti coinvolti erano l’ex responsabile Grandi aziende, Bruno Zito, e l’ex dipendente della Divisione residenziale, Giuseppe Crudele, già licenziati dall’azienda di telecomunicazioni nei giorni scorsi.Ora tra le prossime tappe, è atteso mercoledì prossimo l’esame del ricorso al Tribunale del riesame di Roma presentato dal fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia, coinvolto nella maxi-inchiesta sul presunto riciclaggio di due miliardi di euro. I legali di Scaglia, attualmente detenuto nel carcere di Rebibbia, hanno chiesto la revoca del provvedimento di custodia cautelare in carcere.


(Aggiornamento del 27 settembre 2017)

Il processo di appello si è concluso a Roma con la conferma dell'assoluzione per Silvio Scaglia (fondatore di Fastweb), Stefano Mazzitelli (già amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle) e dei top manager di Telecom Italia Sparkle Antonio Catanzariti, Massimo Comito e degli ex dirigenti di Fastweb Mario Rossetti e Roberto Contin.

Assoluzione confermata anche per un socio della I-Globe, Manlio Denaro. Riduzione di pena, da 15 a 10 anni e mezzo di reclusione
per l'imprenditore Gennaro Mokbel. La corte ha dichiarato prescritti dei reati fiscali contestati a una serie di imputati e ridotto le pene per altri.

La procura generale aveva chiesto sette anni di reclusione per Scaglia e Stefano Mazzitelli. La decisione dei giudici della prima corte d'appello di Roma è arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio.



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