giovedì 10 novembre 2022
Tre agenti sotto accusa: avrebbero infierito su una persona con problemi psichiatrici. Coinvolte altre nove persone. Nordio: fiducia nella magistratura...
«Detenuto torturato», un caso a Bari Altri due suicidi in cella: 75 nel 2022

Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Un detenuto con problemi psichiatrici è stato bloccato mani e piedi sul pavimento e pestato a sangue dai secondini. Per quattro minuti nel corridoio che dalle celle conduce all’infermeria del carcere di Bari sarebbero volati calci, pugni e schiaffi che hanno colpito la vittima al torace, alla schiena e in pieno volto. E, mentre lui si divincolava per sottrarsi al massacro, nessuno dei presenti avrebbe cercato di fermare gli atti di violenza. Guardavano senza intervenire. Gli stessi aggressori, con la complicità di medici e infermieri, avrebbero quindi tentato di coprire le prove: nessun referto, infatti, avrebbe segnalato ferite sul corpo dell’uomo, visitato subito dopo. È un 41enne barese che poco prima aveva dato fuoco a un materasso nella sua cella e per questo gli agenti, dopo averlo salvato dalle fiamme, lo hanno preso per trasferirlo all’infermeria.

Era in stato confusionale e avrebbe dato in escandescenze. L’accusa ipotizzata dalla procura è gravissima: si tratterebbe di torture. Tre agenti di polizia penitenziaria sono stati arrestati e si trovano ora ai domiciliari, altri sei (di cui tre assistenti) sono stati sospesi dalle loro attività perché ritenuti loro complici. L’episodio, avvenuto il 27 aprile scorso, era stato denunciato dalla direzione della Casa circondariale all’autorità giudiziaria e dallo stesso comando della polizia penitenziaria dell’istituto penale barese. Ad incastrare gli indagati sono state, oltre alla testimonianza di detenuti, le immagini delle telecamere di sorveglianza: diversi fotogrammi del filmato sono entrati nelle carte dell’ordinanza di custodia cautelare emessa ieri dal Gip del Tribunale di Bari, Giuseppe Montemurro che parla di «trattamento inumano e degradante» nei confronti di un recluso. Il provvedimento di arresto riguarda tre agenti. Sospesi dal servizio per 12 mesi, con l’accusa di concorso in tortura, sono invece altre due persone; otto mesi di sospensione per la stessa ipotesi di reato sono stati disposti infine per altri quattro detenuti.

Nell’inchiesta figurano anche il medico della struttura, accusato di falso e di avere omesso di denunciare i fatti ed altre due persone per altri reati. Le indagini sono state coordinate dalla pm Carla Spagnuolo e dal procuratore aggiunto, Giuseppe Maralfa. Si è venuto poi a sapere che uno degli arrestati era stato già condannato a un anno di reclusione e un anno di interdizione dai pubblici uffici per abuso d’ufficio in concorso, lesioni personali in concorso, abuso di autorità contro detenuti per un episodio accaduto nel 1997 nel carcere di Taranto. «Invito tutti a non trarre affrettate conclusioni prima dei doverosi accertamenti giudiziari, la presunzione di innocenza è uno dei capisaldi della nostra Costituzione e quindi evitiamo illazioni e gogne mediatiche, che sono una barbarie» ha detto Donato Capece, segretario del Sappe (Sindacato autonomo degli agenti penitenziari) sottolineando che «in mol-ti casi detenuti sono stati condannati per calunnia » nei confronti di agenti. Cautela, sul caso, è raccomandata anche dal ministro Guardasigilli, Carlo Nordio, e dal capo del Dap, Carlo Renoldi: «Accuse come queste rischiano di offuscare il grande impegno profuso dal personale penitenziario. Attendiamo con fiducia l’ulteriore sviluppo dell’azione giudiziaria».

Intanto ci sono stati altri due suicidi. Nel penitenziario di Udine si è tolto la vita un 22enne originario della Repubblica Domenicana, Leudi Gomez, in attesa di giudizio per un tentato omicidio durante una rissa a Trieste. Il giovane era in isolamento e sotto sorveglianza a seguito di un litigio con un compagno di cella e con un agente: domenica è stato trovato impiccato con le lenzuola annodate alle sbarre della finestra. Da martedì i carcerati di Udine hanno cominciato una protesta pacifica. Ieri una loro delegazione si è incontrata con la direttrice, Tiziana Paolini, il Garante e il giudice di sorveglianza.

Nel carcere di Reggio Calabria, dove era rinchiuso dall’8 ottobre scorso per aver rapinato un’anziana, si è ammazzato un migrante ivoriano di 21 anni. Sono arrivati così a 75 i suicidi nelle 192 carceri italiane dall’inizio del 2022, e 35 delle vittime sono detenuti stranieri. «Siamo stanchi di tenere il conteggio e di rinnovare l’allarme a fare presto» denuncia il segretario del Sindacato Polizia penitenziaria (Spp), Aldo Di Giacomo. «Un’altra terribile faccia della medaglia: per i detenuti extracomunitari, 12mila, l’assenza di mediatori culturali e psicologi si fa sentire in maniera ancora più pesante. Altro elemento preoccupante: si abbassa sempre di più l’età dei detenuti suicidi a riprova che i giovani, con i tossicodipendenti e le persone recluse che hanno problemi psichici sono i più fragili ed esposti».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: