mercoledì 19 gennaio 2011
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Troppo pochi i fondi per il lavoro in carcere. Così mentre aumentano i detenuti, diminuisce la percentuale di quelli che svolgono un occupazione e scendono anche le ore lavorate pro capite. E questo incide «negativamente sulla qualità della vita» nelle prigioni. A denunciare questo preoccupante peggioramento è il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Franco Ionta nella relazione sul lavoro in carcere inviata da pochi giorni al Parlamento. Ionta scrive di un «budget largamente insufficiente assegnato per la remunerazione dei detenuti lavoranti». E questo ha anche altre conseguenze. Perché, prosegue la relazione, questa situazione «ha condizionato in modo particolare le attività lavorative necessarie per la gestione quotidiana dell’istituto penitenziario (servizi di pulizia, cucina, manutenzione ordinaria del fabbricato, ecc.) incidendo negativamente sulla qualità della vita all’interno dei penitenziari».Insomma meno soldi, meno lavoro e vita peggiore. I dati resi noti dal Dap sono chiarissimi. Nel 2010 i detenuti lavoranti sono stati 14.116 contro i 13.408 del 2009. Apparentemente «un leggero incremento», si legge ancora, ma in realtà, denuncia la relazione, un calo percentuale perché si passa dal 21,7% dei detenuti presenti al 20,68%. Il motivo? «A fronte di un consistente aumento della popolazione detenuta non è stato possibile, da parte dell’Amministrazione penitenziaria, rispondere con uguale aumento, in termini percentuali, del numero di detenuti lavoranti». E questo proprio a causa del «budget largamente insufficiente».Infatti, come si può leggere nella tabella allegata alla relazione. Si è passati dai 71.400.000 euro del 2006 quando i detenuti erano "appena" 51.748, ai circa 62 milioni del 2007 per 44.587 detenuti (ma è l’anno dell’indulto), e poi ai quasi 61 milioni del 2008 per 54.789 detenuti. Nel 2009 lo stanziamento scende a picco fino a circa 48.200.000 euro mentre i detenuti salgono a 64.791. Nel 2010 i carcerati continuano a crescere arrivando a 68.345 e, apparentemente, sale anche il budget per il lavoro, che arriva a 54.215.128. Ma, avverte il Dap, «si è dovuto procedere a liquidare i rimborsi dovuti all’Inail per 856.103 euro per gli infortuni sul lavoro verificatisi negli anni 2003-2004, all’Inps per 1.355.015 euro e all’Agenzia delle entrate 2.038.689 euro, limitando di fatto la disponibilità economica in favore degli Istituti penitenziari, per il pagamento delle mercedi, a 49.965.319 euro».Ecco, dunque, perché è calata la percentuale dei lavoranti. Per ovviare a questa situazione e «mantenere un sufficiente livello occupazionale tra la popolazione detenuta» le direzioni degli istituti «hanno ridotto l’orario di lavoro pro capite ed effettuano la turnazione sulle posizioni lavorative». In altre parole per far lavorare più detenuti li si impiega per meno ore. In modo da poter garantire a più persone la possibilità di guadagnare qualcosa.Va un po’ meglio per i lavoro alle dipendenze di ditte e cooperative esterne al carcere. Infatti il numero di detenuti impegnati in queste attività, dentro e fuori dagli istituti, è passato da 1.798 del 2009 a 2.058 del 2010. Vengono segnali, in particolare , le esperienze di Padova, Milano Bollate, Torino, Monza e Massa. E quella innovativa di Napoli Secondigliano dove è stato realizzato un impianto per il trattamento dei rifiuti soldi. Attività che verrà presto estesa a Roma Rebibbia e poi in penitenziari di Toscana, Marche e Abruzzo. Insomma, sottolinea il Dap, «si rileva un certo interesse nei confronti della manodopera "detenuta", anche se - avverte - molto resta ancora da fare per rendere più significativa la presenza del mondo imprenditoriale all’interno del carcere».
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