mercoledì 16 settembre 2020
«Ho tolto la vita di una persona - parlando al processo per la prima volta -. Ho tolto un marito a sua moglie e un figlio a sua madre»
Lo studente americano Finnegan Lee Elder in Tribunale

Lo studente americano Finnegan Lee Elder in Tribunale - Reuters

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Ha alzato la mano e chiesto di poter parlare. Per la prima volta nel processo che lo vede imputato di omicidio volontario per avere sferrato, nel luglio dell'anno scorso, undici coltellate al vicebrigadiere Mario Cerciello Rega. Finnegan Lee Elder con voce emozionata ha letto alcune dichiarazioni e ha «chiesto scusa a tutti, alla famiglia Cerciello» per quanto ha fatto insieme a Christian Nataloe Hjorth, in quella che ha definito la «notte peggiore» della sua vita. Parlando un quarto d’ora, in italiano, ammettendo le sue responsabilità. «Chiedo scusa al mondo intero, agli amici di Cerciello: se potessi cambiare le cose lo farei ora, ma non posso», ha aggiunto.

Parole scritte in carcere, dov’è detenuto da oltre un anno. «Non ho parlato prima per mancanza di coraggio – ha aggiunto il californiano davanti ai giudici della prima Corte d'assise –. Quella notte è stata la peggiore della mia vita, non perché sono in prigione. I motivi sono altri: ho tolto la vita di una persona, ho tolto un marito a sua moglie, ho rotto un legame tra fratelli. E ho tolto un figlio a sua madre. Non potrò mai perdonarmi tutto questo». E «non mi aspetto che la famiglia di Cerciello possa farlo oggi, sarà difficile, ma spero che un giorno mi perdonino».

Il giovane ha affermato che quella notte «sono stati commessi molti errori. Il mio è stato il più grande. Vorrei tornare indietro per cambiare le cose, ma non posso. Tutto ciò che posso dire è che provo del rimorso. Ciò che è successo mi ha cambiato per sempre e prometto di non commettere più questi errori».

Nelle scorse settimane i periti nominati dalla Procura hanno spiegato come Elder (che in passato aveva tentato di togliersi la vita più volte) sia affetto da «disturbo di personalità borderline-antisociale di gravità medio elevata» e fosse capace d’intendere e volere la notte del 19 luglio 2019. Per gli specialisti che lo hanno esaminato, il giovane viene da una «storia di abuso di sostanze (in particolare la cannabis)» ed è affetto da «un possibile disturbo post-traumatico da stress». Tuttavia «non è possibile dimostrare che la sua condizione mentale abbia compromesso la libera capacità decisionale al momento del compimento dell'azione delittuosa».

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