mercoledì 18 luglio 2018
Panucci: effetti peggiori delle stime. La replica del ministro: terrorismo psicologico. Assolavoro: penalizzata somministrazione
Il dg di Confindustria Marcella Panucci

Il dg di Confindustria Marcella Panucci

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Il decreto Dignità «pur perseguendo obiettivi condivisibili» rende «più incerto e imprevedibile il quadro delle regole» per le imprese «disincentivando gli investimenti e limitando la crescita».

Lo dice il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci in audizione alla Camera. Per le imprese occorre «evitare brusche retromarce sui processi di riforma avviati» e vanno approvati «alcuni correttivi», che intervengano sulle causali per i contratti a termine e sulle norme ora «punitive e poco chiare» sulle delocalizzazioni.

Il ritorno delle causali, esponendo le imprese «all'imprevedibilità di un'eventuale contenzioso, finisce nei fatti per limitare a 12 mesi la durata ordinaria del contratto a tempo determinato, generando potenziali effetti negativi sull'occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto (in cui si fa riferimento a un abbassamento della durata da 36 a 24 mesi)». Così il dg di Confindustria chiedendo modifiche a una disciplina «pregiudizievole» per il mercato del lavoro. «La sola abolizione dei voucher sembrerebbe spiegare una quota consistente, attorno al 15%, dell'aumento del lavoro a termine intervenuto dal II trimestre 2017», ha detto Panucci in audizione sul decreto dignità davanti alle commissioni Lavoro e Finanze della Camera sottolineando che non va imputata allo strumento del contratto a termine la «precarizzazione del mercato del lavoro», ma a «molteplici fattori, sia economici sia normativi» a partire appunto dallo stop ai voucher, da un aumento «fisiologico» in una fase di ripresa economica del suo utilizzo, al cambiamento dei settori, (100mila su 500mila in più secondo l'Arel sono attribuibili ai servizi, commercio e servizi alla persona). I dati, insomma, «non sembrano supportare la preoccupazione di un aumento della precarietà del lavoro legata a comportamenti opportunistici da parte delle imprese. Al contrario, la quota di aumento del lavoro temporaneo spiegato dalla corrispondente riduzione di collaborazioni e lavoro accessorio è verosimilmente associata a una diminuzione della precarietà».

Di Maio: Confindustria fa terrorismo psicologico

L'audizione del ministro dello Sviluppo e del Lavoro Luigi Di Maio è avvenuta nel pomeriggio. Il ministro è prima intervenuto in aula alla Camera sui tavoli di crisi. Sono «144 i tavoli aperti» al Mise con «189 mila lavoratori coinvolti».

E su Facebook ha replicato agli industriali: «Confindustria oggi dice che con il decreto Dignità ci saranno meno posti di lavoro. Sono gli stessi che gridavano alla catastrofe se avesse vinto il no al referendum, poi sappiamo come è finita. Sappiamo come finirà anche in questo caso. Non possiamo più fidarci di chi cerca di fare terrorismo psicologico per impedirci di cambiare».

«Il decreto Dignità combatte il precariato per permettere agli italiani, soprattutto ai più giovani, di iniziare a programmare un futuro - aggiunge il ministro -. Cioè permette di creare quelle condizioni che sono la base per fare impresa, per rilanciare i consumi e per creare un circolo virtuoso. Dopo anni di precariato, e di leggi che hanno massacrato i lavoratori, è ormai evidente che queste politiche non hanno aiutato nessuno: né i lavoratori, né gli imprenditori. Sono convinto che gli effetti del decreto Dignità porteranno anche Confindustria a questa conclusione. Siamo dalla parte dei cittadini, e non faremo nessun passo indietro. Stateci vicino!».

Ascoltato dalle commissioni parlamentari, il ministro ha detto di rigettare la «visione per cui esce un lavoratore e ne arriva un altro», anche perché «fa passare gli imprenditori come persone che utilizzano i lavoratori come una catena di montaggio». Poi però, in maniera più conciliante, ha ribadito che in fase di conversione del decreto si tenterà effettivamente di incentivare i contratti a tempo indeterminato, come auspicato dalla stessa Confindustria. Ci sarà anche spazio per la discussione sui voucher, ha aggiunto il ministro, ribadendo che «nel governo non c'è nessuna differenza di vedute».

L'importante, ha sottolineato, è evitare di lasciare creare spazio agli abusi: bisognerà quindi circoscrivere in maniera precisa l'utilizzo dei ticket per esigenze e settori specifici. Infine, Di Maio è tornato sulla fantomatica relazione tecnica allegata al dl Dignità. Al ministero, in realtà, sono arrivate due diverse relazioni tecniche, una il 5 luglio e l'altra dell'11 alle 20, inviata dall'Inps, «che abbiamo letto la mattina successiva, nel giorno in cui il presidente della Repubblica firmava il decreto». «Nella prima relazione viene individuata una previsione ma non ci parlano degli impatti finanziari di disoccupazione, tanto è vero che non prevedono oneri per la Naspi - spiega -. La seconda, che non abbiamo chiesto noi del ministero del Lavoro, c'era scritto invece che per oneri finanziari si prevede la Naspi. Ma quella previsione non considerava la congiuntura economica e gli investimenti economici».

Serracchiani (Pd): il dl non crea lavoro e ostacola la crescita

«Dalle prime audizioni nelle commissioni Finanze e Lavoro sul decreto Di Maio emerge in modo evidente una certa frettolosità nell'aver redatto un provvedimento che non solo ha avuto problemi di copertura finanziaria ma contiene vere e proprie criticità che ne minano l'efficacia». Lo dichiara la capogruppo Pd in commissione Lavoro Debora Serracchiani. «Se è vero che per decreto non si crea lavoro - aggiunge la deputata dem - però si può complicare o addirittura impedire la creazione di nuovi posti, provocando sacche di irregolarità. Tutti i soggetti auditi sono stati concordi nel ritenere che il punto non è aumentare il costo del contratto a termine, perché per creare lavoro si deve ridurre il costo del tempo indeterminato in modo strutturale. La strada giusta in questo senso è la riduzione del cuneo fiscale come si sta impegnando a fare il Pd emendando il decreto». «I vincoli sul tempo determinato non servono a nulla - prosegue Serracchiani - e la tutela al lavoratore la dà il lavoro non il contenzioso sul suo contratto. Va inoltre sostenuta l'economia e creato un ambiente che agevoli l'attrazione di investimenti. Le norme sulle delocalizzazioni, che in linea di principio hanno un fondamento, rischiano di non colpire le frodi e l'uso disinvolto dei fondi, quanto il sistema produttivo italiano che è fatto anche di imprese che sono già fortemente internazionalizzate e che investono all'estero anche per rafforzare la presenza in Italia. Così si rischia inoltre di frenare investimenti stranieri nel nostro Paese per l'indeterminatezza delle norme».

Assolavoro: effetti negativi sulla somministrazione

Effetti negativi per il lavoro in somministrazione. Per via dell'estensione al contratto di lavoro a termine in somministrazione della disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, della nuova formulazione delle "!causali" e dell'introduzione della disciplina dell'interruzione obbligatoria tra contratti. È la posizione su dl dignità rappresentata da Assolavoro, l'associazione nazionale delle Agenzie per il lavoro, nel corso di un'audizione alle commissioni congiunte Finanze e Lavoro della Camera dei deputati. Secondo Assolavoro, «il decreto in esame, con la modifica introdotta all'art. 2, estende di fatto al contratto di lavoro a termine in somministrazione la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato». «Sin dall'introduzione, con il cosiddetto "pacchetto Treu" nel 1997, del lavoro interinale (oggi in somministrazione) nel nostro ordinamento, la disciplina dei contratti di lavoro a termine che le agenzie stipulano con i propri lavoratori è stata distinta, sotto il profilo giuridico, rispetto a quella generale per alcuni elementi fondamentali», ricorda. Per Assolavoro, «nella disciplina comunitaria il contratto a termine e la somministrazione di lavoro sono normate da due diverse direttive (rispettivamente la direttiva 1999/70/Ce e la direttiva 2008/104/Ce): la prima pone specifici limiti all'utilizzo del contratto a tempo determinato, "per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti"; la seconda, viceversa, promuove il lavoro in somministrazione imponendo agli stati membri il riesame delle eventuali restrizioni o divieti imposti al ricorso al lavoro tramite agenzia». E Assolavoro ricorda anche che «il decreto estende per la prima volta al rapporto di lavoro in somministrazione la disciplina dell'interruzione obbligatoria tra contratti a termine». «Nel rapporto di lavoro a termine - prosegue - la ratio di tale limitazione è rinvenibile nell'impedire un uso improprio del contratto a tempo determinato: laddove il fabbisogno della prestazione lavorativa da parte dell'azienda è infatti continuo, si impone tendenzialmente l'assunzione di una diversa forma contrattuale, il contratto a tempo indeterminato». «Nel rapporto di lavoro in somministrazione il ricorso al lavoro temporaneo anche senza soluzione di continuità tra una missione e l'altra - contesta Assolavoro - è invece del tutto fisiologico, potendo l'agenzia inviare in missione il lavoratore, con contratti contigui, presso diversi utilizzatori. Se il limite in parola ha quindi un senso rispetto all'organizzazione dell'azienda, allo scopo di evitare i sopra richiamati abusi, non si giustifica invece - avverte - nei confronti dell'Agenzia per il lavoro, che assume i lavoratori in funzione di un'esigenza e dell'inserimento lavorativo del lavoratore nel contesto aziendale di un altro datore, l'utilizzatore (ovvero come detto anche di più utilizzatori)». L'introduzione dell'obbligo dell'interruzione, spiegano da Assolavoro, avrà prevedibilmente l'indesiderato effetto di «ridurre i periodi di attività dei lavoratori; favorire lo "spezzettamento" dei contratti di lavoro; indurre le imprese a ricorrere, in corrispondenza dello stop e solo per la sua durata, ad altro personale, che accederebbe però a un contratto di minima durata, generando un turn over non desiderato da nessuno (aumento del rischio di infortuni, minori opportunità di crescita professionale)».


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