sabato 11 settembre 2010
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Lui è lì sul palco. Con il figlio Renzo, che gli tiene la mano, dopo “l’arrampicata” alla sorgente del Po. In sottofondo: «Bossi, Bossi, Bossi...», con Mario Borghezio a fare da capo coro. Poi il silenzio. E lui, il senatur, calmo, che dice: «La Lega Nord darà la fiducia a Berlusconi. Noi abbiamo rispettato i patti con Berlusconi. Lui pure con noi. Noi non siamo come Fini». Una dichiarazione quella di Umberto Bossi, il capo (perché qui per il popolo padano, in almeno 3000 ieri a Pian del Re, per l’ormai abituale appuntamento con “l’ampolla con l’acqua del Po”, Bossi è solo il «capo», ndr.), che fa subito scattare l’applauso dei militanti. E alcuni di loro, che avevano esposto uno striscione “cristallino”: «Elezioni subito», pensano bene, dopo le sue parole, di toglierlo. Ma la garanzia non è gratis. Due le condizioni che vengono poste sul tavolo. La prima la dice ancora Bossi: «Dopo il federalismo inizierà subito la battaglia per il decentramento dei ministeri». Perché per il senatur «mica tutto può stare a Roma».E non è finita. Sul come “andare avanti”, prima del discorso di Bossi sul Monviso, mette il “carico da 11” pure il ministro alla Semplificazione normativa Roberto Calderoli, che chiarisce la seconda condizione. «La paura non fa 90, ma 320 (il numero sufficiente di deputati per avere la maggioranza alla camera, ndr.)», chiosa Calderoli, che però va subito al dunque. «Gli amici più leali di Berlusconi sono la Lega Nord e Umberto Bossi. La maggioranza però deve essere chiara, non di giornata. La definizione Legione straniera (il cosiddetto gruppo di responsabilità, ndr.) non mi piace perché non deve essere figlia di una campagna acquisti, ma di una adesione ai punti del programma riformatore che abbiamo presentato. Ovviamente è escluso l’Udc». E l’idea di un governo tecnico? «Noi non ci stiamo – chiude Calderoli –. Vorrà dire che il Nord andrà da solo». Un altro filo conduttore della giornata è stato quello del passaggio di consegne, dai padri ai figli, del patrimonio politico, culturale e identitario della Lega. Un tema utile, forse, per sopire i rumors che segnalano battaglie interne fra le correnti e per rilanciare l’idea di granitica compattezza. «La Lega è forte e libererà il Nord – ha detto Bossi –. Il Federalismo va avanti ed è già arrivato quello demaniale, il tutto grazie alla premiata ditta Calderoli-Bossi. Quando andremo in pensione, poi ci saranno i nostri figli». O i nuovi dirigenti come quelli presenti ieri alla kermesse: il governatore del Piemonte Roberto Cota e Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega Lombarda, tanto per fare due nomi. Un passaggio di consegne che si è visto già anche fra i 3000 militanti presenti. Quelli di lungo corso con le vecchie camicie della Guardia nazionale padana, alcuni giovani invece con la Lacoste, ovviamente di colore verde, ma tutti uniti nel riconoscere ancora Bossi, come «capo».
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