mercoledì 20 settembre 2017
Dopo il sisma la chiesa sarà inagibile per anni. E Monte Cavallo, nelle Marche, chiede aiuto
Dateci un container per la Messa, appello di Monte Cavallo
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E' un appello accorato quello del sindaco di Monte Cavallo, un Comune del Maceratese che conta appena 150 abitanti, a un anno dal terremoto che ha devastato il Centro Italia. E che non ha un locale neppure per celebrare la Messa, dopo che la chiesa è stata resa inagibile dalla sequenza incessante di forti scosse comprese tra l’agosto del 2016 e il gennaio di quest’anno, col prolungarsi del sisma poi, in scosse di magnitudo inferiore (ma anche fino a 3.5) fino allo scorso luglio.

«Ci serve un prefabbricato per dire la Santa Messa – è la richiesta di Pietro Cecoli, primo cittadino di Monte Cavallo –. Pensavo che la chiesa potesse essere aggiustata in tempi rapidi, essendo tra le 14 oggetto della seconda tranche dei finanziamenti del commissario per la ricostruzione. Ora invece vengo a scoprire che i tempi sono lunghi, si parla di due o tre anni per poterla riaprire. Nel frattempo siamo senza locali, perché stare nella tensostruttura, d’inverno, non è salutare. Quin-È di mi rivolgo alla Caritas, alla Croce Rossa e a chiunque volesse e potesse aiutarci a trovare o acquistare un prefabbricato per lo scopo. Ve ne saremmo grati». La chiesa in questione è quella di Santa Maria Assunta, l’unica del piccolo centro, tutta puntellata, e transennata all’esterno. Nel periodo travagliato seguito al terremoto, si pensava che ristrutturare l’edificio fosse questione di pochi mesi, invece la sistemazione «richiederà anni – fa notare Cecoli –. È passato un anno e ancora deve essere redatto un progetto ad hoc. Non è per adesso».

La comunità di Monte Cavallo è composta in gran parte da anziani, abituati ad andare a Messa: la preoccupazione del primo cittadino adesso è quella di trovare uno spazio qualsiasi, dove poter celebrare l’Eucarestia in modo dignitoso, con locali adeguati e possibilmente riscaldati. «Il nostro parroco è don Nello Tranzocchi – prosegue Cecoli –. È stato il pilastro della comunità così tanto provata dal terremoto. Don Nello infatti è sempre rimasto, vivendo in camper. È rimasto anche quando le sue condizioni di salute, e proprio a causa della vita difficile che faceva, si sono aggravate. Ma lui voleva rimanere vicino ai parrocchiani e ai cittadini». «In questi mesi – spiega Cecoli – abbiamo celebrato nel centro aggregativo giovanile, che ci è stato donato dal gruppo del Rotary donne della Lombardia, sezione 204, ma ora non è più il caso di riunirsi lì.

Serve un altro spazio, basterebbe anche un prefabbricato di 50 metri quadrati, dovrebbe essere sufficiente per accogliere la comunità che di solito frequenta la Messa della domenica. Non possiamo stare senza chiesa». Grande, e più forte del terremoto e della paura, è proprio l’umiltà di don Nello. «Ci arrangiamo con quello che abbiamo – spiega il parroco che serve anche le comunità di Castelsantangelo sul Nera, Pieve Torina, Ussita –. La Messa la celebro la domenica e qualche volta durante la settimana. Di bimbi e ragazzi ce ne sono pochi, in paese, così quello spazio viene usato anche da noi. Ci basta. C’è il bagno lì, e questo vuol dire molto. Tante chiese in montagna non ce li hanno nemmeno, i servizi igienici. Siamo fortunati. Quando una funzione, invece, prevede un po’ più gente, celebriamo nella tensostruttura». «Da queste parti – tiene a precisare don Nello – per la gente conta più la Messa che tutto il resto. Per cui, anche se non ci lamentiamo, se qualcuno volesse farci un dono, una piccola struttura sarebbe la benvenuta». Don Nello, 76 anni, vive nel camper dal Natale dello scorso anno. Di giorno pranzo alla mensa o in giro, la sera cena con i pastori. «Non ho sofferto il freddo – racconta – grazie alle stufette.

A cena sto con i pastori rimasti senza casa, un gruppetto di sette persone, che si sono arrangiati nella struttura in legno, rimasta a Monte Cavallo dal sisma del ’97». In paese, intanto, il 23 agosto sono state consegnate le chiavi di 10 casette, di diverse metrature, per una trentina di abitanti. Poco più in là, a Pieve Torina, sono arrivati i primi 22 moduli abitativi, e a Fiastra altri 10 per altrettante famiglie: appena una quarantina in tutto nel Maceratese, dove le casette attese sono ancora oltre 1.500, moduli che gli sfollati aspettano per poter tornare a vivere sulle loro, amatissime, montagne.

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