venerdì 26 febbraio 2016
La popolazione delle isole Eolie si mobilita: basta tagli, vogliamo che le mamme possano tornare a partorire qui in sicurezza.
«Dateci un ospedale sicuro, Lipari ne ha bisogno»
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«Dateci un ospedale sicuro, con un’équipe di emergenza per ogni tipo di intervento e non solo per noi residenti, ma anche per i turisti che vengono a Lipari». L’appello al governo nazionale e regionale parte dalla popolazione delle isole Eolie, le sette perle vulcaniche del Tirreno davanti alle coste messinesi, e punta a raggiungere Papa Francesco a cui «chiediamo una preghiera, perché possa sensibilizzare la politica e in particolar modo il ministro Lorenzin, perché sia possibile nascere, vivere e ospitare turisti in sicurezza sanitaria nelle Eolie e in tutte le isole minori d’Italia». Lo scrive Daniele Corrieri, portavoce del gruppo 'Controcorrente eoliana' nato sui social a gennaio e che ha già raccolto circa 3.500 iscritti e adesioni dai cittadini di Pantelleria e Capri. «Noi chiediamo che Lipari, con i suoi 12mila abitanti più i 3mila del resto dell’arcipelago e gli oltre 700mila turisti, sia dotato di un ospedale degno di chiamarsi tale – dice –. Nel 2015 lo Stato ha speso oltre 2 milioni e 300mila euro per interventi di elisoccorso del 118. Quanti medici ci potevamo permettere con questi soldi?».  È questa una delle azioni messe in campo dai territori coinvolti nella chiusura di quattro punti nascita in Sicilia, perché al di sotto dei 500 parti all’anno e dunque degli standard di sicurezza. Il 'no' del ministero della Salute riguarda il salvataggio dei reparti materno-infantili di Petralia Sottana, che serve tutto il territorio delle Madonie e dove ci sono state negli ultimi due mesi manifestazioni di protesta continue guidate dal sindaco Santo Inguaggiato, Santo Stefano Quisquina, Lipari e Mussomeli. Il sindaco di Lipari, Marco Giorgianni, da mesi sta lavorando all’interno delle istituzioni per chiedere alla Regione un piano complessivo d’investimento su questo ospedale, «necessario ad assicurare a tutti i cittadini un livello di servizio sanitario adeguato. Il 15 marzo sarà presente in Consiglio comunale la commissione Sanità del Parlamento regionale, dove sono già stato ascoltato – afferma il primo cittadino –. Noi presenteremo un programma che deve prevedere servizi essenziali che non abbiamo, perché questo ospedale non può essere un pronto soccorso a giorni alterni, dove ci si può ingessare un braccio solo il mercoledì e il venerdì, senza rianimazione.  Noi abbiamo chiesto la deroga al punto nascita e per due volte ci è stata bocciata. Se una possibilità di deroga esiste, questa la merita Lipari, per le sue particolarità geografiche e non solo, ma tale eventuale deroga deve avvenire a condizione che alle nostre concittadine sia assicurato un livello di sicurezza indiscutibile».  A riaccendere la polemica su Lipari anche il caso che lo scorso 17 febbraio ha coinvolto una donna dello Sri Lanka che, dopo un distacco di placenta, ha perso il bambino che portava in grembo. Un episodio, in realtà, non collegato alla presenza o meno del punto nascita, ma che ha gettato benzina sul fuoco. E il senatore Francesco Campanella (L’Altra Europa con Tsipras) ha presentato un’interrogazione al ministro Lorenzin. Mentre nei giorni scorsi sono nati due bambini 'abusivi' nel punto nascita chiuso dell’ospedale Madonna dell’Alto di Petralia Sottana. I sindaci dei nove Comuni montani serviti da questo ospedale hanno fatto sentire alta la propria voce. Il ministero della Salute sarebbe disponibile a concedere una deroga in questo caso e l’assessorato regionale, guidato da Baldo Gucciardi, sta lavorando a questo obiettivo. Lo spiega Giacomo Scalzo, dirigente del servizio di Programmazione ospedaliera dell’assessorato regionale alla Salute: «Il Comitato percorso nascita della Regione il 16 febbraio ha scritto all’Asp 6, e per conoscenza al ministero, affinché questa proceda a mettere in sicurezza la struttura, mentre il sindaco di Petralia si è impegnato a mettere in sicurezza la superficie di atterraggio dell’elisoccorso. Attendiamo risposta». Cosa diversa per il punto nascita di Lipari, chiuso dal 2014, «dove, quando era in funzione, si contavano solo 10 parti all’anno – aggiunge Scalzo –. Bisogna rendersi conto che per tenere aperto un punto nascita si devono garantire standard di sicurezza altissimi». «Se torneranno a nascere bambini a Lipari – lancia una provocazione Corrieri –, chiederemo che il primo nato venga battezzato a San Pietro, in Vaticano».
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