sabato 3 giugno 2023
Dodici associazioni, tra cui la Caritas, scrivono al Comune capitolino chiedendo di essere coinvolte nella stesura della delibera sull'iscrizione all'anagrafe di coloro che vivono per strada
«Date presto la residenza ai 24mila senza dimora di Roma»

Ansa

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Non ci sono solo gli studenti fuori sede che non riescono a trovare un alloggio a buon prezzo, o le famiglie che faticano a trovare una casa popolare. C’è chi la casa proprio non ce l’ha e vive per strada. Ma che neanche riesce ad ottenere una residenza. Vera o fittizia, come prevede la legge. A Roma i senza dimora sono 24mila, in gran parte senza residenza. Immigrati e italiani. E non avere una residenza impedisce di ottenere il permesso di soggiorno, un contratto di lavoro, l’assistenza sanitaria, benefici economici. Così 12 associazioni della Capitale, tra le quali la Caritas diocesana, Arci, Asgi, Consiglio Italiano per i rifugiati, Medici senza frontiere, Medici per i Diritti Umani, chiedono al Comune «un incontro per conoscere lo stato di avanzamento della delibera in tema di residenza per le persone senza fissa dimora, allo scopo di permettere la condivisione dei suoi contenuti e un confronto sul testo, prima della sua emanazione». Perché per questi ultimi tra gli ultimi non esistono norme comunali aggiornate. La «mobilitazione delle persone escluse dall’anagrafe, dei movimenti e delle organizzazioni solidali ha portato all’emanazione della direttiva n. 1/2022, che consente l’iscrizione anagrafica alle persone che vivono all’interno degli stabili occupati».


Ma non basta. Per quanto riguarda le persone che vivono per strada o in rifugi precari «i diretti interessati e le associazioni sono ancora in attesa che l’annunciata discontinuità rispetto al passato prenda forma». Le associazioni ricordano che «l’assessorato alle politiche sociali ha avviato, a luglio del 2022, un’interlocuzione con le organizzazioni che si occupano del tema. A febbraio del 2023 è stata condivisa una bozza di potenziale delibera, salutata positivamente da parte delle organizzazioni intervenute. In seguito non ci sono state più interlocuzioni né le organizzazioni solidali hanno avuto notizie sul destino dell’annunciato provvedimento». Ora, denunciano le associazioni, «è indispensabile superare l’attuale inerzia e approvare in tempi rapidi una nuova delibera che dia forma a una nuova modalità per gestire l’iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora». Anche perché è ancora in vigore la delibera n. 31/2017, «che prevede, come condizione di ricevibilità, che le persone senza fissa dimora, al fine di conseguire la residenza, effettuino obbligatoriamente un colloquio con gli assistenti sociali». Un colloquio che «allunga in maniera esorbitante i tempi di attesa: in molti Municipi è necessario attendere molti mesi prima di poter ottenere il via libera da parte degli uffici».

In base alla legge n. 35/2012 l’iscrizione anagrafica per persone senza dimora «deve necessariamente configurarsi entro 48 ore dalla consegna della dichiarazione anagrafica. Per contro, le tempistiche attualmente registrate a Roma sono enormemente superiori rispetto a quelle prescritte dalla legge». Inoltre i Municipi non coinvolgono più le associazioni. Dunque, conclude l’appello, «è indispensabile che la nuova delibera sia predisposta e approvata coinvolgendo le associazioni che hanno stimolato e seguito questo percorso. Sarebbe al contrario preoccupante che il testo venga licenziato senza che sia stato oggetto di un nuovo confronto». Anche perché «la riconfigurazione delle procedure anagrafiche è per la città, nel suo complesso, un’occasione importante per ripensare la relazione che intercorre tra amministrazione, abitanti, procedure». E proprio «la specifica condizione delle persone senza fissa dimora rende indispensabile che i caratteri di tale relazione siano ripensati integralmente per favorire il protagonismo e l’esercizio diretto dei diritti». Dunque «una nuova delibera per l’iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora può migliorare significativamente la vita a molte persone. Per questa ragione è necessario intervenire tempestivamente, con coraggio, nell’ambito di un percorso condiviso con le organizzazioni interessate al tema». Ora tocca al Comune rispondere.
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