domenica 24 luglio 2016
Oggi alla Camera inizia l’esame del testo. Ma i ragazzi in cura avvertono: «Abbiamo cominciato con la cannabis, le nostre vite sono state devastate»
Le comunità contrarie alla legalizzazione
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Arriva domani nell’aula di Montecitorio, saltando l’esame degli emendamenti in commissione Affari sociali, il ddl 3235 che punta a legalizzare la cannabis. Per entrare nel vivo delle votazioni però bisognerà attendere settembre, visto l’imminente interruzione estiva dei lavori parlamentari. Sul suo cammino il ddl troverà circa 1700 emendamenti, di cui 1300 presentati da Area Popolare. E non sarà semplice, su un argomento così scottante, trovare intese tra i 630 deputati. Già in commissione c’è stata la sfida tra il Pd, propenso ad analizzare le proposte, e Sinistra italiana, decisa ad andare direttamente in Aula per scongiurare 'insabbiamenti'. Il dibattito si preannuncia bollente: Ap ha già presentato pregiudiziali di costituzionalità e di merito sul ddl. Oggi l’intergruppo per la legalizzazione della cannabis, promosso dal senatore Benedetto DellaVedova, terrà un incontro alla Camera per spiegare le sue ragioni. Domani sarà la volta delle comunità di recupero, decisamente contrarie. Il ddl chiede di legalizzare la detenzione in casa fino a 15 grammi di cannabis, 5 in luoghi pubblici, la coltivazione fino a 5 piantine o in forma associata sul modello spagnolo dei 'cannabis social club'. Scuotono la testa quando lo chiedi. Sanno di aver sbagliato, d’aver lasciato che le droghe mordessero loro la pelle e la vita. E allora nemmeno riescono a concepirla, la legalizzazione della cannabis. «Io dico che nella vita ognuno può fare ciò che vuole, ma ci sono passato in prima persona, io e anche mia sorella... – racconta Paolo, ventiquattro anni, ospite di San Patrignano – Il consiglio che allora sento di dare a chiunque sposi la causa della legalizzazione è di pensarci bene. Perché a me ha portato qui a San Patrignano...». Marco ha ventitré anni ed è nella comunità a Cassino della Fondazione Exodus: «Non è possibile spingersi a offrirci tanto facilmente la cannabis ed è altrettanto facile prevedere che chiunque potrà cominciare a usarla, ancor più facilmente di quanto sia stato finora». Gabriele, che di anni ne ha quarantotto (gran parte dei quali passati a 'farsi') ed è ospite del Ceis di Viterbo, dice di «aver saputo che vogliono legalizzare le droghe leggere.  Forse non hanno capito che stanno distruggendo la gioventù... Forse non l’hanno proprio capito». Poi scuote la testa a lungo, Gabriele. Resta in silenzio. Infine aggiunge: «Ve lo chiedo, non legalizzate la droga. È come legalizzare la morte». Se c’è un assunto, storico e acclarato, nel mondo delle dipendenze è che chi si fa le canne non è detto finisca poi per massacrarsi di droghe, ma chiunque si massacra di droghe ha cominciato con le canne. «Avevo tredici anni quando mi sono fatto la prima – racconta Ivan, trentaseienne ospite di San Patrignano – per gioco, per scherzare con gli amici, e da quel momento non ho più smesso. Ho abbandonato tutto, le mie passioni, ciò a cui tenevo, che mi piaceva fare. Quindi dico 'no' alla legalizzazione». Anche Roberta, trentenne, è ospite della comunità riminese: «Le canne sono state il mio inizio, come potrei essere favorevole alle canne? Erano la mia maschera, quel che non doveva mostrare chi ero. Come potrei mai augurare a qualcuno quel che ho passato io?».  È inevitabile che anche – se non soprattutto – nelle comunità si parli del disegno di legge che domani andrà in aula a Montecitorio, a tavola ad esempio accade spesso, ma il confronto è relativo, perché tutti i ragazzi la pensano allo stesso modo, «è inconcepibile legalizzare». Poi c’è l’altra evidenza: «Lo Stato vuol fare cassa sulla pelle dei ragazzi, così come ha già fatto col gioco d’azzardo – sottolinea Luigi Maccaro, che è da venti anni il responsabile della comunità a Cassino della Fondazione Exodus –. La cannabis è una porcheria, noi non siamo d’accordo ». Filippo ha trent’anni ed è ospite al Ceis viterbese: «Stavo male se non l’avevo. Buttavo tutti i soldi anche per usare cannabis. E tutto questo non mi ha portato da nessuna parte, anzi». Lindo ha quarantanove anni e «dopo trenta che ho fatto uso di droga finalmente sono riuscito a smettere – spiega, anche lui nella comunità di Viterbo –. Posso dire semplicemente una cosa: all’inizio è un gioco, poi diventa una cosa molto brutta...». Sempre al Ceis, Massimo, quarantadue anni, ha la voce ferma e dura: «Per tanti anni ho usato stupefacenti, compresa la cannabis. Nella mia vita conto soltanto fallimenti e distruzioni... Come per il lavoro e per i miei matrimoni ». (' No', il video con le interviste ai ragazzi delle comunità, è visibile sul sito www.avvenire.it, sul nostro canale Youtube e sulle nostre pagine dei social network)
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