mercoledì 7 agosto 2019
Una storia al giorno. "Avvenire" racconta vite di migranti sospese, ai margini dell’accoglienza, bloccate dallo stop alla protezione umanitaria, in mano alle commissioni. Un grido da ascoltare
Un migrante in un'immagine d'archivio (Ansa)

Un migrante in un'immagine d'archivio (Ansa)

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S. ha 22 anni e viene dalla Nigeria. Aveva il permesso di soggiorno e un lavoro regolare in una grande industria alimentare a Foggia. E con la compagna, coetanea e anche lei nigeriana, stava aspettando con gioia la nascita del primo figlio. Ma ora a causa del cosiddetto 'decreto sicurezza' non ha più il permesso di soggiorno umanitario, e per questo ha perso il lavoro. Ora ufficialmente è un irregolare, «destinato all’espulsione. Una storia assurda. Era perfettamente integrato», si sfoga Giusy Di Girolamo, direttrice della Caritas della diocesi di Foggia-Bovino, che lo sta seguendo da un anno e mezzo.

Ma c’è ancora una speranza. Il piccolo nascerà tra un mese, il giovane lo riconoscerà e così dovrebbe avere un permesso di soggiorno, ma solo per sei mesi. «Poi non lo so, ma faremo di tutto per aiutare questa famiglia». Davvero una storia drammaticamente assurda, che conferma la crudeltà del 'decreto Salvini'. S., dopo il solito terribile viaggio nel deserto e quello non meno rischioso in gommone, arriva a Lampedusa nell’aprile 2017. La prima tappa è al Cara di Borgo Mezzanone, quello circondato dall’enorme ghetto della 'ex pista'. Poi la casa di accoglienza della Caritas, piccola, efficiente, umana. Per lui e quattro amici. E non è solo un tetto. I quattro amici a settembre 2018 vengono assunti dalla Princes, azienda agroalimentare britannica, nello stabilimento dell’Incoronata, zona industriale di Foggia, il più grande in Europa per la trasformazione del pomodoro.

È il progetto 'Lavoro senza frontiere', realizzato in collaborazione con la Caritas, per promuovere condizioni di lavoro etico nella filiera del pomodoro. Un’azienda molto sensibile su questi temi, che già acquista gli ortaggi solo da produttori in regola. A settembre si passa alle assunzioni. Contratto a tempo determinato di sei mesi e poi rinnovato per altri sei. Fanno un corso di formazione professionale e anche per la sicurezza sul lavoro.

Una storia bellissima. Ma poi arrivano le nuove norme. «Il permesso di soggiorno – racconta Giusy – non viene rinnovato al ragazzo. Aveva l’umanitaria che non è più riconosciuta dal decreto né si può trasformare in permesso di lavoro, nonostante la disponibilità della Princes a proseguire col rapporto. Mi dicono: 'Con cento come loro staremmo benissimo, lavorano molto, sono tranquilli'». Invano. Ora incombe il decreto di espulsione, ma continua a vivere nella casa della Caritas. «Lo teniamo ancora, non riesco a metterlo fuori. Obiezione di coscienza? Ma come faccio a buttarlo sulla strada? Li abbiamo formati e sono bravissimi, tengono benissimo la casa, lavano tutto, dividendosi i compiti. Sono davvero integrati».

Oltretutto S. è uno dei sei ragazzi che hanno accettato di partecipare all’anno di volontariato sociale. «Non avevo avuto nessuno dalle parrocchie e loro mi hanno detto: 'Lo possiamo fare noi?' Ho chiesto a Roma e mi hanno risposto che era possibile ». Così vanno ogni giorno per due ore alla mensa per i poveri, molti italiani. Sono loro, gli immigrati, a distribuire il cibo. Inseriti anche nella Pastorale giovanile, hanno fatto i tornei di calcio coi ragazzi di Foggia. «Abbiamo dedicato a loro tanto tempo ma ora sono perfetti. Speriamo di trovare una soluzione. Ma ora c’è anche il decreto sicurezza-bis...».

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