sabato 17 febbraio 2018
Nei terreni confiscati a "Sandokan", sorge un impianto di biogas «La popolazione? Ha ottenuto tutte le garanzie sanitarie»
Dalla monnezza all'energia: «Si può cambiare»
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Da luogo simbolo dell’interminabile emergenza rifiuti in Campania, di scelte colpevolmente sbagliate, a luogo dove dai rifiuti si produce energia pu-lita, fornendo un servizio agli allevatori di bufali e tutelando la salute dei cittadini. Siamo a Ferrandelle, nel Comune casertano di Santa Maria La Fossa. Qui per quattro anni, tra il 2008 e il 2012, su trenta ettari di splendido terreno agricolo confiscato al boss Francesco Schiavone 'Sandokan', sono state ammassate a cielo aperto 600mila tonnellate di rifiuti, decine di 'colline' recintate e sorvegliate dai militari.

Di quella storia restano ancora le piazzole di cemento e i cartelli gialli con le scritta 'Area di interesse strategico nazionale divieto di accesso', proprio come una base militare, mentre era solo monnezza. Di fronte tre enormi cilindri verdi e bianchi. È un impianto di biogas, costruito nel 2016 sempre su un terreno confiscato a 'Sandokan', trasformando i liquami degli allevamenti bufalini in energia elettrica, ben 1 megawatt, che viene poi venduto al Gse (il gestore del sistema pubblico) per finire in rete.

Ogni giorno 350 tonnellate di rifiuti zootecnici, circa trenta tir, entrano nell’impianto, subiscono alcuni trattamenti, finiscono nei grandi cilindri (i biodigestori) producendo biogas che dopo una depurazione viene bruciato per produrre energia elettrica. Quello che resta è ottimo digestato, concime naturale, liquido e solido, certificato anche per agricoltura biologica. Una parte viene ripresa dagli allevatori per i loro campi, altra va su terreni confiscati come quelli della Balzana, enorme azienda di più di 200 ettari, anche questa portata via a Schiavone.

Gli allevatori pagano 2 euro a tonnellata per il trasporto dei liquami ma ne incassano 1,50 se accettano il concime. «È una meraviglia e a noi risolve un problema» ci dice Sebastiano, vulcanico allevatore. Un problema che si chiama nitrati, presenti in grande quantità nei liquami che prima venivano buttati sui campi per poi finire nella falda idrica. Un gravissimo pericolo, come spiega il sindaco Antonio Papa.

«Quando ci è stato presentato il progetto ho voluto coinvolgere la popolazione perché ogni volta che si parla di rifiuti ci sono sospetti e tensioni. Qui da noi il provvisorio è diventato definitivo. I cittadini non si fidano». Così ha fatto fare le analisi del grado di inquinamento dei territorio dall’Istituto superiore di sanità. «Meno grave del previsto, tranne per i nitrati provocati dagli allevamenti. Io sono medico e so che i nitrati nel corpo umano diventano nitrosammine, responsabili dei tumori all’apparato digerente. Questo ho spiegato ai miei cittadini e soprattutto agli allevatori. Perché serviva una risposta in termini sanitari, sociali e anche economici». Ed è quella messa in campo da Agrorinasce, l’ente pubblico che gestisce i beni di sei comuni del Casertano. Si tratta di un progetto complesso che prevede oltre all’impianto di biogas anche un’isola ecologica e un Centro di educazione ambientale (Cea). L’investimento complessivo è stato di oltre 10 milioni di euro, 9 dei quali investiti dalla società 'Power Rinasce' del gruppo Intercantieri Vittadello Spa, che è stata individuata con una procedura pubblica per la realizzazione e gestione ventennale dell’impianto di biogas, e 1,5 milioni investiti da Agrorinasce, con fondi del ministero dell’Interno, per realizzare le altre attività.

Il privato paga 25mila euro l’anno di concessione che permettono di far funzionare il Cea che ogni anno vede la partecipazione di 3mila studenti che visitano anche l’impianto di biogas. «Una delle clausole del contratto è stata che fosse visitabile» spiega Gianni Allucci, amministratore delegato di Agrorinasce che ci tiene a ricordare come «per evitare infiltrazioni della camorra abbiamo fatto fare tutti i controlli antimafia sia per l’impianto che sugli allevatori che conferiscono i liquami. Vogliamo dare davvero un segnale che la storia è cambiata».

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