martedì 2 febbraio 2010
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L’Italia è conosciuta in tutto il mondo, tra l’altro, per Guglielmo Marconi, l’uomo che ha inventato la radio e aperto la strada anche alla televisione. Eppure il nostro Paese è stato il primo ad abbandonare le onde corte, il 30 settembre 2007. Ovvero ha rinunciato a trasmettere via radio per l’estero, usando le frequenze più appropriate a questo fine. La decisione diventò operativa il 30 settembre 2007. Tra i pochi che protestarono ci furono i giornalisti cattolici dell’Ucsi della Toscana. Sottolinearono che in questo modo Roma rinunciava a parlare al mondo e toglieva gli italiani all’estero di un canale importante di informazione. E poi, si faceva notare, che si privava l’Italia della possibilità di comunicare con i popoli in aree per noi strategiche, per motivi geopolitici, economici e anche legati al fenomeno migratorio. Prima di tutto, quindi, il Nord Africa. In effetti il mondo islamico africano è in movimento, anche dal punto di vista culturale, e rappresenta una fetta importante dell’immigrazione nella Penisola. Una seria programmazione radiofonica in arabo, capace anche di raccontare la nostra cultura e di informare ad esempio sulla nostra legislazione in materia di stranieri, nel tempo potrebbe dare frutti positivi.Le altre nazioni occidentali invece continuano a trasmettere per radio verso l’estero. Secondo strategie mutevoli. Come ovvio col tempo gli interessi e i fronti caldi cambiano. Ad esempio gli Stati Uniti non sostengono più le trasmissioni verso l’Est Europa. Il muro di Berlino è caduto ormai da 20 anni. Adesso sono impegnati, in particolare, sul fronte arabo e iraniano. Così non solo sono state rinforzate le trasmissioni in lingua araba e farsi della Voice of America, ma sono state finanziate e messe in funzione Radio Sawa e Radio Farda. Due emittenti che si rivolgono in particolare al mondo giovanile, ma non solo, rispettivamente del mondo arabo e dell’Iran. Washington continua poi a sostenere emittenti politiche, come la famosa Radio Martì, anticastrista che da decenni bombarda Cuba di onde radio.Ma anche in ambito Ue ci si muove ancora in questa direzione. La Bbc è la numero uno del mondo, nonostante i tagli governativi. Anche grazie alla sua politica multipiattaforma (radio, tv, satellite, internet) ha un’audience straniera che l’anno scorso è stata di 238 milioni di persone. Nel 2008 ha lanciato il canale arabo televisivo, mentre lo scorso anno, in contemporanea con la crisi politica a Teheran, quello iraniano. Entrambi con successo.In prima linea poi anche la tedesca Dw (Deutsche Welle, 18 lingue), la francese Rfi (Radio France Internationale, 12 lingue), l’olandese Rnw (Radio Nederland Worlwide, 5 lingue), la spagnola Ree (Radio exterior de Espana, 10 lingue). Ognuna ha strategie diverse, legate alla storia e agli indirizzi principali della politica estera del proprio Paese. Ad esempio la Dw è presente anche con un ripetitore in Africa centrale, Rnw trasmette in indonesiano, Ree ha servizi informativi molto ricchi in spagnolo per l’America Latina. Ma anche Paesi talvolta considerati un po’ il fanalino di coda della Unione Europea, come il Portogallo e la Grecia sono ben presenti "on air" soprattutto nelle loro lingue nazionali. Qualche motivo ci sarà.
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