giovedì 21 luglio 2016
La colletta della famiglia di Simona Monti. Il progetto già c’è, nascerà nel villaggio di Harintana. La lettera del vescovo di Khulna e la collaborazione di Acs. La poesia per Simona di un giovane musulmano e l’appello di don Luca: l’Islam lotti contro il terrorismo.
Dacca, nuova chiesa per vincere l’odio
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E il mio maestro mi insegnò come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire. Don Luca Monti ripete a memoria una strofa di una canzone di Franco Battiato. Forse sbagliando una parola, forse aggiungendone un’altra, ma questo conta poco. Prospettiva Nevski, è il titolo. Una canzone di speranza con cui questo giovane sacerdote ha chiuso l’omelia per il funerale di Simona, la sorella morta martire in Bangladesh. L’imbrunire ha una data, un luogo, un’ora. Venerdì 1 luglio, 21 e 20 ora locale. Un commando di sette terroristi del Daesh irrompe nell’Holey Artisan Bakery, un ristorante per occidentali, un angolo di Europa nel cuore di Dacca.  Per undici ora tortura e uccide chi non sa recitare il corano. Il bilancio è tragico: venti morti, nove sono italiani, tra questi c’è Simona. L’alba prende forma una nuova chiesa che verrà costruita nel villaggio di Harintana a una manciata di chilometri da Dacca. Un progetto che don Luca spiega così: «Il dolore può trasformarsi in speranza. Un gesto di generosità può dare un senso a una sofferenza grande. E il sangue di Simona, il suo martirio, dare forza ai cristiani del Bangladesh». L’alba è la nuova chiesa che nascerà anche grazie alla colletta voluta dalla famiglia di Simona.  L’alba sono le motivazioni che si agitano dietro questa scelta: «I cristiani del Bangladesh sono smarriti come lo siamo noi...», sussurra don Luca lasciando quel pensiero quasi sospeso. In pochi giorni si mette insieme u- na piccola somma di denaro e si decide di affidarla ad 'Aiuto alla chiesa che soffre'. Alessandro Monteduro, il direttore di Acs incontra il papà e il fratello di Simona. «C’è un progetto per costruire una chiesa, facciamolo insieme ». La risposta è immediata: sì. «Sì, una chiesa che curi le ferite della paura. Una chiesa per pregare, per crescere, per incontrarsi senza paura», raccontano a una sola voce don Luca e Monteduro.  Siamo nel cuore di Trastevere nella sede romana di Acs. Sulla scrivania del direttore c’è una piantina: è il progetto della nuova parrocchia di Harintana. A fianco c’è una lettera del vescovo di Khulna, James Romen Boiragi, di qualche settimana fa. Racconta questo villaggio povero e la vita difficile di 124 cattolici. «Abbiamo una piccolissima chiesa di legno e di stagno. Troppo piccola per la nostra comunità. Troppo piccola per le messe domenicali e per insegnare catechismo», scrive monsignor Boiragi. È una lettera breve, ma vera, sofferta. Il vescovo si sofferma anche su aspetti più tecnici. Spiega che Propaganda fidae ha già stanziato una piccola somma per rendere concreto il progetto. Racconta di una raccolta fondi che ha animato anche la sua comunità. Ma ancora non basta. O meglio non bastava. Un filo di solidarietà lega oggi il villaggio di Harintana, Acs e la famiglia Monti. C’è il progetto per la nuova chiesa e c’è anche un santo a cui intitolarla: San Michele Arcangelo. «La spada che impugna è una spada di Giustizia e di misericordia; una spada per difendere i cristiani », ci dice don Luca che, a voce bassa, ripete parole già messe in fila sulla sua pagina Facebook: «Più che piangere mia sorella che non c’è più piango questo mondo bagnato di sangue e ubriaco di violenza. Alla vostra religione del terrore rispondo con il Vangelo del perdono, sperando che questo martirio familiare contribuisca a creare un mondo più giusto ». Il messaggio che segue è più netto. Fa pensare. «Le comunità islamiche lottino contro il terrorismo. E dimostrino davvero che nel nome di Allah non si uccide». Don Luca parla e pensa a una poesia scritta da un ragazzo musulmano e tradotta per lui da padre Luigi Poggi, un sacerdote in Bangladesh da quarant’anni. Un modo «tenero» per ricordare Michelangelo: Simona avrebbe chiamato così il bimbo che portava in grembo. Già ricordarlo scrivendo come se fossi il piccolo a scrivere. Ho abbracciato la morte prima di nascere... Mamma tu sei stata la mia stanza di giochi, la mia scuola e la mia bara...». Per qualche istante don Luca resta in silenzio poi torna a parlare del dono di Simona. C’è l’offerta per la chiesa di Harintana. Ma c’è anche una piccola somma per 'Medici senza frontiere'. «Perché bisogna essere accanto a chi soffre nel corpo e a chi soffre nello spirito. Perché nella testa di Simona c’era ferma un’immagine di Francesco: la Chiesa ospedale da campo che cura le ferite».
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