mercoledì 8 settembre 2010
Nigeriane traduttrici incastrano i capi banda. Cinque vittime hanno prima denunciato i loro sfruttatori, poi hanno svelato il dialetto africano che i trafficanti usavano al telefono per parlare con i loro complici.
- Dal marciapiede alla questura Il coraggio di riscattarsi di Lucia Bellaspiga
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Fermate in una retata, hanno denunciato i "mercanti" che le avevano ridotte in schiavitù, e hanno contribuito ad arrestarli, traducendo, tra l’altro, il dialetto nigeriano che i connazionali usavano al telefono. Ben 130mila le conversazioni intercettate di cui sono state tradotte le principali. E lo hanno fatto, appunto, le cinque ex prostitute, liberate dalla strada, che hanno consentito alla Squadra mobile di Trieste e alla polizia di frontiera di sequestrate 18 chili di eroina e cocaina e di arrestare 28 fra capi dell’organizzazione criminale nigeriana e corrieri dell’Est europeo e di sottoporne ad indagine altri 11. L’operazione "Hermes", come è stata intitolata, ha visto coinvolte numerose città italiane, ma anche l’Interpol, la polizia spagnola e quella olandese.«La particolarità di questa indagine, unica nel suo genere in Italia - ha spiegato il capo della Mobile di Trieste, Mario Bo - è stata proprio quella di aver potuto disporre dell’apporto di queste ragazze nigeriane che erano state portate in Italia per essere sfruttate. E quindi è stato creato questo circuito virtuoso per cui queste giovani sono state reintrodotte nei loro ambiti dando poi il loro determinante apporto anche come interpreti».Le indagini erano già in corso (si parla degli anni tra il 2004 ed il 2008), quando le vittime sono state liberate e inserite in programmi sociali di recupero ed integrazione. Le forze dell’ordine hanno sfruttato la loro conoscenza della lingua, della cultura e dei modi di fare dei criminali nigeriani per stroncare l’organizzazione che, dopo la prostituzione, si era dedicata al mercato internazionale della droga.Le donne hanno partecipato «con slancio emotivo», «anche con un senso di rivalsa - ha spiegato la dirigente della polizia di frontiera, Manuela De Giorgi - a un’occasione nuova che la vita poneva loro di fronte». Rivalsa perché le nigeriane non riusciranno mai a dimenticare, come loro stesse hanno confidato a chi le ha recuperate dalla strada, di essere state comprate, costrette a prostituirsi e sostanzialmente ridotte in schiavitù. Non riuscivano nemmeno a ribellarsi con la minaccia dei ridi vudù. Ben volentieri, dunque, si sono poste davanti al registratore, hanno ascoltato quelle conversazioni, tante volte criptate, le hanno tradotte o interpretate e sono riuscite ad appuntarsi nomi di luoghi o persone che tenevano le fila delle importazioni di droga.Vasta, infatti, la rete di trafficanti nigeriani i quali, utilizzando connazionali e cittadini dell’Est europeo, facevano entrare in Italia la cocaina proveniente dal Sudamerica e l’eroina prodotta in Afghanistan, poi inviata in Europa attraverso la "rotta balcanica". I corrieri viaggiavano in treno (il primo è stato pizzicato su un treno, alla frontiera fra Trieste e la Slovenia) o in aereo, spesso ingerendo un grosso quantitativo di ovuli, fino a 100 unità da circa 14 grammi a testa. Nel corso dell’operazione è stato arrestato anche un criminale ricercato in Nigeria per omicidio. Gli arresti sono stati eseguiti a Trieste, Venezia, Milano, Bolzano, Bologna, Varese, Verona, Reggio Emilia, Parma, Messina, Padova e Roma a partire dallo scorso novembre con il coordinamento del Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine.Durante la perquisizione, in un borsone, gli agenti hanno anche trovato quasi due chili di eroina purissima destinati a trafficanti nigeriani operanti nella zona di Napoli.
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