venerdì 13 maggio 2016
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Federico Pizzarotti è diventato sindaco di Parma il 21 maggio 2012. All’alba del giorno prima l’Emilia era stata scossa da un sisma che l’aveva messa in ginocchio. L’elezione del sindaco a Cinque Stelle fu, politicamente, un altro terremoto. Probabilmente atteso, in una città piegata da un clamoroso dissesto di bilancio, ma soprattutto da indagini e scandali che avevano portato alle dimissioni del sindaco di centrodestra, Pietro Vignali, e al commissariamento. Quel giorno il M5S ottenne la sua prima storica vittoria elettorale, sbaragliando con oltre il 60% dei consensi il candidato di centrosinistra e conquistando il suo primo capoluogo di provincia. Ma il rapporto di Pizzarotti con il movimento ben presto iniziò a esser segnato da tensioni. Pizzarotti, compirà 43 anni, un passato da project manager informatico in una banca, quando fu eletto, a nemmeno 39, divenne il sindaco più giovane della storia di Parma. Promise che avrebbe sempre agito con «massima trasparenza». Decisiva per la vittoria fu la battaglia contro l’inceneritore in città. Spegnerlo si rivelò più complesso del previsto per una serie di vincoli legali. Fu il primo dei punti di frizione con Grillo, che lo chiamò «capitan Pizza», e Casaleggio. Lui è rimasto sempre fermo nella rivendicazione di appartenenza al M5S, ma in autonomia. Non a caso è stato spesso indicato come figura intorno alla quale avrebbe potuto coagularsi l’insofferenza alla linea ortodossa del M5S.
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