martedì 21 luglio 2015
​​Il governatore della Sicilia chiede 10 milioni a L'Espresso per le intercettazioni poi smentite dalla Procura. E in un'intervista dal Corriere si dice disponibile ad una fine anticipata della legislatura.
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​Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, chiede al settimanale L'Espresso 10 milioni di danni per la pubblicazione dell'intercettazione, poi ripetutamente smentita dalla Procura di Palermo, della conversazione in cui al suo medico personale, Matteo Tutino, veniva attribuita la frase "bisogna far fuori la Borsellino come suo padre". Lo ha reso noto stamattina in conferenza stampa il legale di Crocetta, Vincenzo Lo Re. "Dopo le dichiarazioni del procuratore Lo Voi - ha detto l'avvocato - a questo punto per noi il giallo non c'è più. Abbiamo scelto di scegliere lo strumento dell'azione civile risarcitoria nei confronti dell'Epresso, del direttore, dei due giornalisti, di 10 milioni di euro, perché riteniamo che sia lo strumento più veloce ed efficace per sanzionare non la malafede dei giornalisti, non vogliamo credere alla malafade, ma crediamo all'ipotesi di un errore professionale, a un difetto di controllo".  Oltre al settimanale L'Espresso, il governatore siciliano Rosario Crocetta procede legalmente anche contro lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco e il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. "Avvieremo un'azione risarcitoria civile da un milione di euro, anche nei confronti del giornalista Pietrangelo Buttafuoco per l'articolo pubblicato nei giorni scorsi sul Fatto quotidiano", ha affermato Lo Re e ha specificato che nei confronti di Gasparri sarà promossa invece un'azione penale per il comunicato stampa diffuso il 16 luglio e in cui aveva definito Crocetta "incapace e indegno". Intanto sul fronte politico Crocetta prende tempo. Riferirà solo giovedì sul caso vicenda Borsellino-Tutino in Consiglio regionale. Lo ha comunicato ieri sera lo stesso governatore al presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone. Prima di comparire davanti ai deputati, per quello che si annuncia un dibattito rovente, Crocetta attende di incontrare i vertici del Pd e intanto manda al partito, che preme per una fine anticipata della legislatura, segnali di disponibilità a farsi da parte. Ma solo dopo che saranno state approvate riforme urgente per la Sicilia. "Fatte alcune cose importanti per la Sicilia, per questa terra che rischierebbe la fine della Grecia, possiamo valutare con Parlamento e maggioranza, dentro il centrosinistra, un percorso per una chiusura anticipata della legislatura" dice al Corriere della Sera il presidente della Regione, che apre così per la prima volta alla possibilità di tornare alle urne dopo le polemiche esplose con il caso della presunta intercettazione del suo medico personale, Matteo Tutino, e poi gonfiatesi con gli attacchi di Manfredi Borsellino e di sua sorella Lucia, assessore regionale alla Salute dimessasi per "ragioni di ordine etico". Crocetta, che riferità all'Assemblea regionale siciliana giovedì alle 12, come lui stesso ha comunicato ieri sera al presidente dell'Ars, Giovanni Ardizzone, chiarisce: "Non posso dimettermi su una motivazione inesistente, su una telefonata e su una frase smentite dalla Procura". Però, aggiunge, "non sono disponibile a subire all'infinito il martirio".
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