venerdì 17 luglio 2015
Il suo medico al telefono: «La Borsellino va fatta fuori». La procura: l’intercettazione non c’è. Lui si autosospende. Una frase pubblicata da l’Espresso fa finire nel tritacarne il governatore. EDITORIALE La ferita e lo scasso di Danilo Paolini
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Le parole sono così «schifose», come le definisce il presidente del Senato Pietro Grasso, che l’incendio divampa nel giro di poche ore. Ma il caso-Crocetta si infuoca e si congela nel giro di una giornata, lasciando uno strascico di sdegno, imbarazzo, dubbi e lacrime. La vicenda – a tratti surreale – nasce da una intercettazione pubblicata sul settimanale l’Espresso, che riporta una telefonata del presidente della regione Sicilia con il suo medico Matteo Tutino, primario dell’ospedale palermitano Villa Sofia. Parlano di Lucia Borsellino, assessore alla Salute dimessasi proprio dopo l’arresto del primario. Sarebbe stato Tutino a pronunciare la frase choc, riferendosi alla figlia del giudice assassinato il 19 luglio 1992: «Va fermata, fatta fuori. Come suo padre». Dall’altro capo del telefono, secondo il racconto del settimanale, non arrivano commenti. La figlia di uno dei magistrati simbolo dell’antimafia è stata voluta da Crocetta al suo fianco proprio come emblema di legalità in un settore da sempre culla di interessi mafiosi. Eppure il numero uno della Regione – stando all’articolo – non replica, non frena il suo medico, non grida indignato, non reagisce. Un silenzio pesante che diventa un macigno sulla testa del governatore siciliano e nell’arco di qualche ora il mondo politico insorge.A cominciare dalle massime autorità. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella proprio domani sarà a Palermo per commemorare il giudice Borsellino e non ci pensa un minuto a chiamare la figlia Lucia. Così anche il premier Matteo Renzi, per un "abbraccio di solidarietà" all’ex assessore. Immediata anche la telefonata della presidente della Camera Laura Boldrini, che definisce le parole del chirurgo «inaudite e deprecabili». Ma è il presidente del Senato Grasso che affonda e allarga l’orizzonte: «Parole schifose che offendono la dignità di Lucia Borsellino, la memoria di Paolo, la Sicilia e l’Italia intera. Un abbraccio a tutta la famiglia Borsellino», scrive su Facebook.La diretta interessata, Lucia Borsellino, si limita a poche parole. «Non posso che sentirmi intimamente offesa – dice – e provare un senso di vergogna per loro». Nulla di più: «Un altro commento è superfluo».Le anticipazioni del settimanale in edicola oggi, insomma, sono una bomba. Il governatore si autosospende (anche se non formalizza la sua decisione). Ma contemporaneamente smentisce di aver mai sentito pronunciare la frase. E di lì a poco, anche il legale di Tutini nega che il suo assistito l’abbia mai pronunciata. Da Roma il Pd inizia un tiro incrociato sul governatore siciliano. Il vicesegretario Lorenzo Guerini esprime «a nome di tutto il Pd la nostra vicinanza e la nostra amicizia a Lucia Borsellino. Le parole ma anche i silenzi che emergono dalle intercettazioni e che coinvolgono la sua persona e un martire della Repubblica come Paolo Borsellino sono gravi, inaccettabili e provocano ribrezzo». Il renziano di ferro Davide Faraone, siciliano, fa un passo ulteriore e parla di «inevitabili dimissioni« e di «nuove elezioni».Ma proprio mentre frana Palazzo d’Orleans, arriva gelida la smentita della Procura. «Ritengo necessario precisare che agli atti di quest’ufficio – ed in particolare nell’ambito del procedimento n. 7399- 2013-21 (nel quale è stata emessa ordinanza di arresti domiciliari nei confronti del Tutino) – non risulta trascritta alcuna telefonata tra il Tutino ed il Crocetta del tenore sopra indicato», scrive in una nota il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi. E continua, «analogamente, i carabinieri del Nas, che hanno condotto le indagini nel suindicato procedimento, hanno escluso che una conversazione del suddetto tenore tra i predetti sia contenuta tra quelle registrate nel corso delle operazioni di intercettazione nei confronti del Tutino».Lo sconcerto e l’incertezza si diffondono un po’ ovunque. L’imbarazzo viaggia da Palermo a Milano. Il settimanale conferma e arricchisce le anticipazioni con le date. L’Espresso «ribadisce quanto pubblicato. La conversazione intercettata tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino risale al 2013 e fa parte dei fascicoli segretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo».Ma ancora il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci nega: «Abbiamo controllato tutte le intercettazioni telefoniche riguardanti Crocetta e Tutino e non risulta agli atti questa conversazione. Abbiamo controllato anche quelle non rilevanti».A questo punto si scatena l’ala garantista della politica. E dal Csm, il consigliere "laico" Pierantonio Zanettin (in quota Forza Italia) chiede che si apra «una pratica in prima commissione per comprendere quanto sta succedendo a Palermo. La diffusione a mezzo stampa di una intercettazione telefonica, riguardante il presidente Crocetta, che la Procura della Repubblica dichiara non essere agli atti e che il settimanale invece conferma, precisando addirittura essere contenuta in un fascicolo segretato, deve essere immediatamente chiarita».Al di là di quanto sarà appurato, secondo Gian Luigi Gigli, deputato del gruppo Per l’Italia-Centro Democratico, le frasi «lasciano intravedere uno squallido metodo di lotta politica che, attraverso lanci giornalistici, può arrivare a destabilizzare il quadro istituzionale. Resta da capire quale sia stata la fonte che ha fornito a l’Espresso la notizia farlocca e come sia stato possibile pubblicarla senza preventiva verifica».E il segretario del Psi Nencini chiede «la verità. La magistratura palermitana chiarisca se la telefonata tra Crocetta e il suo medico c’è stata o se invece sia una invenzione. Se delle "manone" che trafficano nei fascicoli volesse poi occuparsene il Csm...».
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