venerdì 9 dicembre 2016
Perde quota il Renzi-bis. Mattarella aspetta un nome del Pd per un governo di scopo.
«Crisi al bivio, lunedì una decisione»
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La crisi resta complicata, ma forse la soluzione è ora meno lontana. È questa la sensazione che lascia una giornata interlocutoria, ma con le posizioni in grande movimento, e con il rapporto fra il Colle e l’inquilino uscente di Palazzo Chigi che - dopo l’incontro del disgelo di mercoledì - è ripreso a pieno regime. Forse nel fine settimana il nome verrà fuori e già lunedì potrebbe esserci l’incarico. «La crisi è giunta al bivio», quindi. Anche se dal Quirinale non trapela nulla sui nomi, ma le possibilità che sia Renzi stesso a sbrogliare la situazione (anche se non con un reincarico) sono date in crescita.

È da lui, in ogni caso, che Mattarella si aspetta il segnale di svolta, per una ragione peculiare di questa strana crisi: il premier che lascia è lo stesso che, da leader del Pd, è intestatario della maggioranza assoluta in un ramo del Parlamento dalla quale non si può prescindere per disegnare nuovi scenari. Ieri, giorno dell’Immacolata, Mattarella ha iniziato le consultazioni. Incontri di natura istituzionale, con i presidenti delle Camere Grasso e Boldrini, e con il presidente emerito Giorgio Napolitano. Colloqui che sono serviti a ribadire la linea del Colle: garantire «serenità» al Paese. Mettere le basi «stabilità» dopo il passaggio elettorale evitando il rischio che Mattarella ha spiegato ai entrambi i vertici del Parlamento: un ritorno alle urne che produca una maggioranza diversa fra Camera e Senato, con il rischio che a prevalere nelle due competizioni siano due partiti fra loro incompatibili. «Bisogna chiudere questa anomalia italiana», ha detto Mattarella spiegando loro la principale missione del nuovo governo, che dovrà essere in grado di restituire omogeneità ai due sistemi di voto. Ma Mattarella si è anche soffermato sui problemi che vive il Paese, in questo periodo di empasse politica nel pieno di una crisi soprattutto economica che morde e penalizza una grande quota, crescente, di italiani. C’è poi un altro obiettivo temporale nella mente di Mattarella.

Poter arrivare all’importante Consiglio europeo del 15 con un governo nel pieno delle sue funzioni, o almeno con il giuramento effettuato. Sono tutti fattori che - insieme ai due cruciali appuntamenti di primavera per i 60 anni dei Trattati europei e poi per il G7 di Taormina - contribuiscono a chiarire non solo il tipo di esecutivo cui sta lavorando Mattarella - un esecutivo politico pieno - ma anche la continuità che sarebbe la strada in un colpo solo per garantire l’immagine del Paese e al tempo stesso velocizzare la soluzione. È chiaro che la continuità più completa ci sarebbe solo con la disponibilità di Renzi al reincarico, ipotesi che è ancora sul tavolo, anche se il premier uscente come l’inquilino del Colle non si nascondono le difficoltà del doppio passaggio parlamentare - fosse pure finalizzata alla permanenza in carica per pochi mesi - dopo che il premier, nella notte dello spoglio referendario, si era detto deciso a lasciare l’incarico al più presto. Una novità che potrebbe rimettere le carte tutte in movimento sarebbe l’eventuale disponibilità di Forza Italia a un passaggio nella maggioranza al solo scopo di contribuire alla nuova legge elettorale e ai provvedimenti più urgenti, ipotesi che nel colloquio avuto durante la campagna referendaria con Silvio Berlusconi non era stata esclusa, «se ce ne fosse stata la necessità». Renzi in tal caso potrebbe valutare la nuova situazione e riservarsi di decidere. Molto difficile invece appare, al momento, l’altra ipotesi affacciata da Renzi, il cosiddetto 'governo di tutti'. Esclusa questa, resta molto forte la possibilità che sia Renzi stesso a indicare un nome di sua fiducia, fra gli attuali ministri. Dal Colle è comunque giunta la rassicurazione che mai e poi mai l’indicazione potrebbe portare a un nome non di suo gradimento.

In questo senso - anche guardando, proprio, alle scadenze internazionali in vista - il nome del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni potrebbe rispondere a tutte le caratteristiche richieste, ma - naturalmente - sarà lo stesso Renzi a doversi pronunciare. Se invece l’accordo non ci fosse, la carta di riser- va del Colle non potrebbe che essere l’incarico esplorativo, ipotesi che ieri con i presidenti delle Camere e con il presidente emerito si è detto più che mai determinato a scongiurare. Perché sarebbe davvero quella crisi al buio, a quel punto, che Mattarella cerca di evitare con tutte le sue forze. Oggi si entra nel vivo delle consultazioni, ci sarà anche la Lega che continua a spingere per il voto al più presto, ma Matteo Salvini, ripetendo lo stesso sgarbo fatto a Napolitano, fa sapere che non andrà. Poi domani la chiusura con M5S (senza Grillo) e il Pd.

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