sabato 8 novembre 2014
​Il governatore di Banca d’Italia: «Persi 16 miliardi di investimenti». 
Norma ferma al Senato, carcere fino a 8 anni | E l'Ue trova l'intesa contro gli abusi fiscali
Gli euro-ostacoli da superare L. Becchetti
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L’equazione 'Italia uguale mafia'? È assurda e sbagliata, ma purtroppo è radicata soprattutto all’estero e finisce per condizionare gli investimenti stranieri nel nostro Paese. In ogni caso, la presenza della criminalità organizzata nel nostro Paese costituisce uno degli ostacoli più grandi all’arrivo in massa di capitali sul nostro mercato. Parola  del governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, che da Milano  lancia un doppio allarme: il nostro sistema Paese sta perdendo competitività a causa delle organizzazioni illegali e, senza una normativa ad hoc in materia di autoriciclaggio del denaro sporco, la strada per recuperare posizioni in Europa sotto il profilo della trasparenza rimane in salita. «La criminalità ha un effetto negativo sugli investimenti in generale e su quelli diretti dall’estero in particolare » esordisce il numero uno di Via Nazionale. L’analisi si basa ull’indicatore Doing Business, che fotografa la qualità dell’ambiente istituzionale, considerando il grado di penetrazione criminale sul territorio. «A parità di altre condizioni, se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili a quelle dell’area dell’euro, tra il 2006 e il 2012 i flussi di investimento esteri in Italia sarebbero risultati superiori del 15 per cento – quasi 16 miliardi di euro – agli investimenti diretti effettivamente attratti nel periodo». Il disincentivo ad aprire fabbriche nel nostro Paese, a creare occupazione e a pagare le tasse al nostro Fisco, è il vero costo nascosto che sta pagando l’Italia, che al contrario avrebbe bisogno di nuovi piani industriali e di risorse da spendere a favore delle nostre comunità. Per Visco, «una maggiore densità criminale fa salire il costo del credito per le imprese, specie quelle di piccola dimensione, e induce una maggiore richiesta di garanzie da parte delle banche, con potenziali effetti negativi su investimenti e crescita». Non vanno poi sottovalutati i cosiddetti 'effetti collaterali', legati alla presenza di clan criminali. Secondo uno studio recente, le aziende che operano nelle aree caratterizzate da alti livelli di criminalità pagavano tassi d’interesse di circa 30 punti base più elevati rispetto a quelli pagati dalle imprese attive in zone con bassa criminalità; non solo, tali imprese erano costrette a fornire maggiori garanzie per ottenere credito. Resta la sfida politica al crimine, che si concretizza innanzitutto nel far emergere e perseguire più efficacemente reati come la corruzione e l’evasione fiscale. «In molte occasioni la Banca d’Italia ha segnalato l’urgenza di introdurre nell’ordinamento il reato di autoriciclaggio – ricorda Visco –. In particolare, la definizione di un’adeguata fattispecie penale consentirebbe di punire efficacemente » gli autori di comportamenti criminali. Immediata la reazione del mondo politico. «Le norme sull’autoriciclaggio – sottolinea il presidente dell’Antimafia, Rosi Bindi – sono un primo passo e mi auguro che il Senato approvi presto la proposta di legge sul rientro dei capitali, ma bisognerà intervenire anche sulla corruzione e il falso in bilancio». In generale, tutto il Pd plaude «all’importante richiamo di Visco », mentre la Cgil rilancia sul nodo investimenti, polemizzando col governo. «Abbiamo perso 16 miliardi non per l’articolo 18, ma per la corruzione da cui dipende larga parte del sommerso » è la denuncia di Susanna Camusso.
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