mercoledì 21 luglio 2021
Vertice fra il commissario e Draghi sul possibile aumento delle vaccinazioni. «Con l’Istituto di Sanità stiamo potenziando le sequenze genetiche per verificare l’efficacia delle misure adottate»
Il commissario per l'emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo

Il commissario per l'emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo - Reuters

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Sono passati 4 mesi e mezzo dalla nomina (inaspettata) a commissario per l’emergenza Covid. Eppure è sempre difficile riuscire a parlare con relativa calma con il generale Francesco Paolo Figliuolo. Spesso in giro per l’Italia, anche quando sta a Roma è alle prese magari, come ieri, con un vertice con il premier Mario Draghi. Voluto, informa la Presidenza del Consiglio, per fare il punto sulla campagna vaccinale e per prepararsi all’impatto di un’eventuale impennata del numero delle vaccinazioni come conseguenza delle prossime misure sul Green pass. Riguardo al quale l’alto ufficiale non vuole entrare nel merito, come per ogni scelta che è di natura soprattutto politica. All’uscita da Palazzo Chigi, trova il tempo per rispondere alle domande.

Generale, sinceramente 4 mesi e mezzo fa pensava che saremmo stati meglio o peggio, a questo punto, nella lotta alla pandemia?
All’atto della mia nomina da parte del presidente Draghi, a marzo 2021, si facevano in media circa 116mila somministrazioni al giorno. Oggi siamo sopra la media delle 500mila, un ritmo che manteniamo da diverse settimane e che ci ha portati a superare quota 62 milioni, con oltre il 51% della popolazione vaccinata e un calo drastico dei ricoveri e dei decessi legati al Covid-19. Sono numeri che non era facile immaginare 4 mesi e mezzo fa, ma che sono diventati realtà. La flessibilità del piano elaborato allora ha dimostrato la sua validità, nonostante i vari fattori che potevano rallentare la campagna, come le forti limitazioni nell’uso di alcuni vaccini. È stato impresso un importante cambio di passo, mirando a proteggere prima di tutti gli anziani, i vulnerabili e le categorie più esposte dagli effetti nefasti di una pandemia che - non dimentichiamolo - ha causato oltre 127mila vittime in Italia e favorendo la ripresa dell’economia e della vita sociale, senza però abbassare la guardia nei confronti del virus.

Le percentuali di non vaccinati, in particolare fra i 40 e i 60 anni, sono ancora parecchio elevate. Come mai?
La fascia di età 50-59 anni è stata coperta al 74% circa da almeno una somministrazione, il che - a questo punto della campagna - rappresenta comunque un risultato molto buono. Ora bisogna continuare per intercettare ancora di più i cittadini appartenenti a questa categoria. Vaccinare coloro i quali sono più a rischio come anziani e fragili lo considero un imperativo etico ed è un impegno che stiamo continuando a portare avanti, con il supporto in diverse Regioni anche di team sanitari mobili della Difesa che il ministro Lorenzo Guerini ha messo a disposizione della campagna vaccinale. Sono oltre 50 team composti da giovani medici e infermieri militari con una motivazione speciale, che raggiungono le persone di una certa età che abitano in zone remote, magari con difficoltà motorie o scarsamente avvezzi ai sistemi di prenotazione informatici, e che bisogna assolutamente proteggere.

Con la sospensione delle forniture di AstraZeneca e Johnson&Johnson, è mutato qualcosa nel quadro degli approvvigionamenti?
Va precisato che le agenzie di controllo del farmaco Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) e l’agenzia italiana Aifa non hanno sospeso i vaccini AstraZeneca e J&J. Circa il loro uso è stata adottata una scelta prudenziale, una particolare attenzione voluta da alcune nazioni tra le quali l’Italia, in funzione del "rischio-beneficio" legato al netto miglioramento della curva epidemiologica.

Pensa ancora che la cosiddetta immunità di gregge sia raggiungibile entro settembre?
L’obiettivo del piano da me predisposto a marzo 2021 è quello di vaccinare l’80% della popolazione vaccinabile, cioè tutti coloro che hanno più di 12 anni, entro la fine di settembre. Tale traguardo sarà sicuramente raggiunto nei tempi prefissati, anche se ad agosto, nella settimana centrale del mese, si potrà notare un calo fisiologico delle vaccinazioni. Si tratterà comunque di un fenomeno preventivato, che non inficerà il raggiungimento della copertura vaccinale della popolazione entro la fine di settembre.

Quanto la preoccupa il pericolo rappresentato dalle varianti?
È un rischio concreto, specie per l’elevata contagiosità che ha mostrato la variante Delta. L’antidoto più efficace, come indicato dalla comunità scientifica, consiste nella vaccinazione completa, cioè con entrambe le dosi. Completare il ciclo vaccinale per tutte le classi, anche dei più giovani, rende la vita difficile al virus e alle sue mutazioni, impedendo conseguenze gravi e rendendolo un fenomeno sicuramente più gestibile.

Ha detto che ci stiamo attrezzando per una terza dose, se la comunità scientifica lo riterrà opportuno. In che modo?
L’Unione Europea ha già predisposto l’acquisto di ulteriori vaccini qualora le autorità sanitarie stabiliranno l’eventualità di nuovi richiami, e l’Italia in tale ambito ha già aderito ai contratti. Ora è importante monitorare l’andamento del virus. E per questo, in stretto coordinamento con l’Istituto Superiore di Sanità, ho emanato proprio in questi giorni una ordinanza, con cui si dispone l’adozione di opportuni provvedimenti volti a potenziare il sequenziamento delle varianti genetiche del virus, allocando le relative risorse. Questo anche nell’ottica di verificare l’efficacia delle misure attualmente in essere nell’ambito della campagna vaccinale nazionale.

C’è un rallentamento in atto sulle prime dosi: erano 272mila il 21 maggio, sono state 54mila l’11 luglio. Come si spiega questo fenomeno?
In questo momento prevalgono le seconde dosi, aumenta così il numero di persone che ottengono il massimo grado di protezione dal virus e dalle sue varianti, rispetto a chi riceve la prima somministrazione. È un fatto fisiologico, legato alle tempistiche dei richiami. Ma il ritmo della campagna è regolare, anche superiore alle 500mila somministrazioni al giorno prefissate per chiudere le vaccinazioni al 30 settembre. Nei prossimi giorni vedrà che si assisterà ad un’inversione di tendenza e cominceranno nuovamente ad aumentare la prime dosi.

Ha indicato l’esigenza di passare a una gestione ordinaria della campagna vaccinale, puntando sui medici di base e abbandonando gradualmente il sistema degli hub. Quali saranno le tempistiche?
Occorre senz’altro iniziare a pensare ad un sistema di somministrazione che veda la vaccinazione come un qualcosa di strutturale, più capillare e più vicino alla gente. Il sistema per un eventuale futuro richiamo dovrà essere ricondotto il più possibile nell’alveo del Sistema sanitario nazionale, contando sulla partecipazione di tutte le professioni sanitarie che hanno già manifestato la loro adesione alla campagna vaccinale: i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i farmacisti.

Come ci si sta attrezzando, con quali dotazioni, per la ripresa delle scuole in presenza? Esiste un piano specifico?
Le scuole e gli istituti di formazione, come più volte asserito anche dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, sono una priorità per il Paese. A livello nazionale circa l’85% del personale scolastico ha ricevuto almeno una dose di vaccino e questo è un ottimo risultato. Va però detto che esistono delle disomogeneità, visto che diverse Regioni rimangono ben al di sotto dell’80%. Per questo motivo ho chiesto alle Regioni e Province Autonome di raggiungere in modo attivo il personale scolastico che non ha ancora aderito alla campagna vaccinale, coinvolgendo anche i medici competenti per sensibilizzare la comunità scolastica in maniera ancor più capillare. Le somministrazioni andranno incentivate anche attraverso corsie preferenziali presso gli hub vaccinali, venendo incontro il più possibile al personale scolastico.

Le viene riconosciuta una grande esperienza. Che cosa le sta insegnando di più e di nuovo questo incarico?
Ho maturato una convinzione, in questi mesi in cui ho visitato i centri vaccinali delle Regioni italiane: questo grande sforzo epocale è stato possibile solo grazie allo spirito di squadra, cioè alla collaborazione positiva e all’impegno coerente con gli obiettivi da parte di tutti gli attori in gioco. La campagna vaccinale sta andando bene perché si sono create forme di sinergia tra le istituzioni, il territorio, enti pubblici e privati, la Difesa, la Protezione Civile, la Croce Rossa e il mondo generoso delle associazioni. Queste sinergie possono e devono diventare sistema.

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