mercoledì 28 settembre 2022
Dal primo di ottobre non sarà più necessario indossare la mascherina sui mezzi pubblici, negli ospedali e nelle Rsa, ma l’Italia senza più restrizioni adesso affronta una nuova ondata di contagi
I passeggeri della metropolitana di Milano con le mascherine

I passeggeri della metropolitana di Milano con le mascherine - Ansa

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La gestione della pandemia in questi anni «è stata ideologica piuttosto che improntata sull’ascolto della scienza. Serve superare il concetto di obbligo, sia per quanto riguarda i vaccini sia per l’utilizzo delle mascherine e di altre misure». È naturale che all’indomani dell’esito elettorale le parole del responsabile Sanità di Fratelli d’Italia, Marcello Gemmato, abbiano un peso in fatto di Covid. Specie se pronunciate nel giorno – nei giorni – in cui il virus ricomincia a far sentire la propria voce: il Bollettino di martedì ha confermato la tendenza al rialzo dei contagi già emersa nell’ultima settimana, con oltre 44mila nuove infezioni, che significa il 58% in più rispetto a lunedì scorso (quando si erano fermate a 28.395). Un segnale da tenere ben presente, in vista dell’arrivo del freddo e dell’inizio della stagione influenzale, e che tuttavia promette di non impensierire troppo il nuovo governo, orientato a un deciso cambio di rotta nella gestione del Covid: più rilassato e, soprattutto, lontanissimo da restrizioni di alcun tipo.

Ma dove eravamo rimasti, in fatto di pandemia? Negli ultimi giorni se n’è parlato ben poco, ma la data segnata in rosso sul calendario è quella del primo ottobre. Quando, cioè, l’obbligo di indossare la mascherina già caduto ovunque finirà anche sui mezzi di trasporto e soprattutto in strutture sanitarie, ospedali e Rsa (fatta eccezione per medici e infermieri). Sono i segni tangibili della “convivenza col virus”, inaugurata dal precedente governo e culminata nella riapertura della scuola in modalità pre-Covid: un traguardo raggiunto grazie alla campagna vaccinale, che ha portato quasi il 90% della popolazione italiana a immunizzarsi con prima, seconda e terza dose. Il tutto mentre oltre venti milioni di persone di Covid si ammalavano lo stesso, senza esiti gravi, aggiungendo all’immunità acquisita tramite le somministrazioni quella naturale, secondo gli esperti ben più efficace. E non è un caso se a fronte dell’ennesima impennata della curva a cui stiamo assistendo non corrisponde – almeno per ora – un aumento dei casi gravi: sempre stando al Bollettino martedì, sono anzi ancora in diminuzione i ricoveri in terapia intensiva (-2), dove al momento si trovano appena 128 pazienti Covid. Mentre i decessi, 64, questi sì sono tornati a crescere leggermente (+6% rispetto a 7 giorni fa), anche se il dato resta difficilmente interpretabile persino dagli esperti, considerando che anche nelle settimane di forte diminuzione è sceso di poco rispetto al passato.

Ora, il nodo da sciogliere è quello che potrà accadere a partire da metà ottobre. Sul fronte dell’epidemia, il copione sembra già scritto: dalla comparsa della contagiosissima Omicron – a dicembre dell’anno scorso – con l’andamento altalenante delle infezioni (momenti di tregua, improvvise fiammate, ritorni alla normalità) abbiamo dovuto fare i conti come tutti gli altri Paesi del mondo. Senza tuttavia che i picchi periodici dei contagi mettessero a repentaglio le attività ordinarie negli ospedali, rimasti lontani dalle emergenze vissute nel 2020 e nella prima parte del 2021. Le cose, dunque, non dovrebbero andare diversamente nemmeno stavolta, specie considerando che – seppur lentamente e non coi risultati sperati – il numero di vaccinazioni quotidiane, stavolta coi vaccini disegnati proprio su Omicron, sta tornando a crescere: oltre 15mila nelle ultime 24 ore, di cui la quasi totalità quarte dosi coi vaccini aggiornati, appunto. Chi deve prioritariamente fare il richiamo (over 60 e fragili) si sta convincendo, insomma, a procedere, mettendosi così al riparo da forme gravi di Covid che richiedano l’ospedalizzazione.

Certo, è facile immaginare – proprio perché è il primo inverno che trascorriamo per la sua interezza in compagnia delle sottovarianti di Omicron, ancora più contagiose – che i casi giornalieri saliranno anche di molto, e che ricoveri e i decessi faranno lo stesso: sarà il banco di prova per misurare la tenuta del muro vaccinale, quella del Sistema sanitario e, soprattutto, il peso delle decisioni politiche. In realtà, proprio perché tutti gli obblighi decadranno nel giro di pochi giorni (ed è quasi certo che non verranno ripristinati o prorogati dal governo uscente) e perché i vaccini hanno funzionato (quelli il cui obbligo a Fratelli d’Italia e Lega non è mai andato giù), il nuovo governo troverà di fatto la strada già spianata verso la convivenza col Covid così a lungo reclamata. La nuova certezza, quasi matematica, è tuttavia che anche nel caso di una ripresa consistente della circolazione del virus non assisteremo a nuove restrizioni o a chiusure, né tanto meno alla reintroduzione del Green pass (di cui nel programma di Fdi è prevista l’abolizione definitiva) o dell’obbligo vaccinale, fosse anche per qualche categoria specifica. La linea della prudenza, cifra del vecchio Cts e del ministero targato Roberto Speranza, è alle spalle. E solo il tempo dirà se sia un bene.

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