giovedì 27 gennaio 2022
Le Regioni all'assedio del governo per un cambiamento delle regole. Le decisioni sono attese a breve
Un carabiniere controlla il green pass su un autobus

Un carabiniere controlla il green pass su un autobus - Ansa foto d'archivio

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Ha risposto ai numerosi assalti dei cronisti di questi giorni che lui si occupa dell’emergenza Covid, non di Quirinale. E in effetti sul tavolo del ministro della Salute, Roberto Speranza, i dossier da affrontare sono numerosi, oltre che cruciali.

Le Regioni non finiscono di ripeterlo, appoggiate da larga parte degli esperti: vista la graduale “endemizzazione” di Omicron serve un cambio di passo sulle regole, nell’ottica di una semplificazione. Sia sul fronte del sistema a colori (che rischia di mandare in semi-lockdown mezza Italia se la curva dei contagi e dei ricoveri non dovesse scendere più in fretta di quel che sta facendo), sia su quello della scuola (ormai allo stremo delle forze a causa di norme complicatissime e quarantene inutili).

E poi c’è il nodo della durata del green pass per chi ha fatto la terza dose: difficile limitarla nel tempo – al momento è 6 mesi dopo la terza dose – visto che per ora non è nemmeno all’orizzonte la necessità di dover effettuare una quarta dose (il booster dimostra di resistere molto bene alla nuova variante anche a distanza di mesi). Senza contare i molti italiani che vedrebbero scadere il certificato già a marzo, visto che le terze dosi sono partite a settembre.

Le decisioni sono attese a ore, ma nessuno si aspetta che possano arrivare davvero prima della fine della settimana prossima: a Palazzo Chigi e dintorni gli occhi sono puntati sull’elezione del presidente della Repubblica, dal cui esito dipende anche il futuro del governo attuale. E nonostante i numerosi abboccamenti a livello politico (ieri la ministra Gelmini ha incontrato il rappresentante delle Regioni Fedriga) è impensabile che il Comitato tecnico-scientifico, di cui pure sarà necessario il parere sulla questione del Green pass, possa procedere in autonomia.

A prendere tempo promettendo «interventi imminenti» è intanto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa: «Supereremo senz’altro il sistema a colori e manterremo la zona rossa come zona di controllo e monitoraggio togliendo però ogni restrizione, dando fiducia ai 47 milioni di cittadini che si sono vaccinati» ha annunciato, per poi assicurare di nuovo «una semplificazione delle regole per le scuole». Due gli esempi: «Dobbiamo chiarire – ha precisato Costa – che una classe in Dad non significa quarantena ma autosorveglianza. Questa sarebbe una risposta importante per le famiglie e credo sia utile abolire anche il tampone per il rientro in classe dei ragazzi».

Semplificare: è la stessa parola utilizzata dal ministro dell’Istruzione Bianchi e dal commissario Figliuolo e su cui un tavolo di esperti dovrebbe essere al lavoro ormai da una settimana. Aggiunta a quella che si sta concludendo e, come si diceva, alla prossima, fanno quasi un mese. Un tempo infinito per la scuola, che deve fare i conti ogni giorno con migliaia di classi che per un caso positivo (nel caso degli asili) o due (nel caso delle elementari) vengono spedite a casa senza appello, dopo trafile estenuanti di tamponi inutili: il famoso T0, tanto per fare un esempio, viene effettuato a 24 ore dal contatto con lo studente positivo quando la scienza dice a chiare lettere che il tempo di incubazione del virus è di almeno 48 ore. Ed è solo uno dei tanti problemi che, se risolti in fretta, potrebbero cambiare volto alla gestione anche sanitaria dell’epidemia, con le Ats e le farmacie sgravate dalla metà del tracciamento che sono chiamate a sostenere.

Intanto sulla Dad continua anche la “guerra” dei numeri. Ieri l’Associazione nazionale presidi ha presentato i dati raccolti su un campione di 1.300 scuole da Nord a Sud: in Dad risulterebbero il 32% delle classi alla scuola dell’infanzia e del 23% alla scuola primaria. Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo e secondo grado, con una popolazione in larga parte vaccinata, la percentuale scenderebbe invece al 9% (cui però si contrappone un 29% di classi in Ddi, cioè con alcuni o molti alunni in Dad e altri in presenza), per un totale di 38% di classi in qualche modo assenti. Per il Miur, settimana scorsa, le classi in Dad erano il 6,6% del totale.

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