giovedì 23 novembre 2017
La donna è stata segregata per dieci anni assieme ai figli, ha subito violenze sessuali e maltrattamenti davanti ai figli. Arrestato il convivente dai carabinieri
Costretta a vivere come una schiava in mezzo ai topi
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Un’altra triste storia di maltrattamenti e violenze in cui le vittime sono donne e bambini ed alla quale i carabinieri della compagnia di Lamezia Terme hanno messo fine. Protagonista di questa terribile vicenda, che ha avuto come scenario una baracca fatiscente nelle campagne di Gizzeria sulla costa tirrenica del catanzarese, un italiano di 52 anni, con precedenti specifici in materia sessuale, arrestato con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù e violenza sessuale pluriaggravata ai danni della convivente romena (29) e alla presenza dei figli di nove e tre anni.

Soprusi e violenze scoperte dopo dieci anni grazie ad un normale controllo, svolto durante un servizio di prevenzione, quando i carabinieri della stazione di Gizzeria fermano un’auto fatiscente. A bordo c’e’ l’uomo ed il figlio di nove anni. Le condizioni del mezzo e l’atteggiamento del cinquantaduenne, reticente anche nel fornire l’indirizzo di residenza, insospettiscono i carabinieri che decidono di approfondire. Da qui gli accertamenti che portano alla scoperta di una situazione di degrado e di violenza che andava avanti dal 2007: quel bambino, insieme alla sorellina di tre anni ed alla madre, viveva in una piccola baracca fatiscente, priva di illuminazione e di servizi, trascorrendo le giornate in un ambiente angusto, insalubre, infestato da topi e insetti, con servizi igienici ricavati nei secchi della spazzatura e letti in cartone.

Una situazione già da sola terribile resa ancora più grave dal fatto che, effettuando ulteriori approfondimenti, i militari appurano che la donna è stata segregata prima in diversi appartamenti e poi nella baracca, per essere ridotta in schiavitù, subendo ripetute e crudeli violenze sessuali (dalle quali sono nati i due bambini), inaudite e gravi lesioni (anche alle parti intime e anche durante i periodi di gravidanza) alcune delle quali saturate con una lenza da pesca direttamente dall’uomo. Alla donna, quasi sempre rinchiusa nella baracca e ripetutamente costretta, per ore, a subire violenze, venendo immobilizzata e legata al letto, non e’ stato mai consentito di avere relazioni sociali e di ricevere cure mediche nemmeno durante le gravidanze, venendo anche costretta a non lavarsi da oltre un anno.

Molte delle violenze patite, poi, sarebbero avvenute alla presenza dei bimbi che, talvolta, erano anche minacciati dall’uomo con lo scopo di farli partecipare alle brutalità. È stato così che, mentre la donna e i bambini sono stati trasferiti in località protetta, per l’uomo si sono aperte le porte del carcere di Catanzaro. Questo mentre Antonio Marziale, garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria, annuncia di «avere aperto una procedura, destinata agli inquirenti, e soprattutto alla magistratura, per valutare la posizione di eventuali negligenze e negligenti. Chi sa e tace è complice – afferma – . Se chi tace ha doveri istituzionali, oltre che civici, è complice e ha il dovere di risponderne alla giustizia e, magari, di cambiare mestiere».

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