sabato 3 gennaio 2009
Unica tra le novità introdotte dal ministro Gelmini ad aver ottenuto il plauso unanime, la nuova disciplina non è ancora operativa. Gli orientamenti elaborati da una commissione, ma mancano i decreti attuativi. Si lavora per una campagna di formazione dei professori.
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L’insegnamento di 'Cittadi­nanza e Costituzione' ri­mane ancora al nastro di partenza. Per ora, infatti, non si è av­viata l’annunciata sperimentazione di questa nuova materia, che punta a far conoscere e praticare la nostra Costituzione. Eppure questa disci­plina è stata l’unica, tra le riforme introdotte dal ministro della Pub­blica Istruzione, Mariastella Gelmi­ni, ad aver raccolto unanime con­senso. «Guardi – risponde Luciano Corra­dini, il pedagogista accademico e uomo di scuola a cui il ministro ha affidato la presidenza di un gruppo di lavoro su questa tematica –, il pro­blema è più interessante e più com­plesso di quanto comunemente si creda, sia in senso pedagogico e di­dattico, sia in senso istituzionale. Chi non è d’accordo sul far conoscere a scuola la Costituzione? C’è un illu­stre preludio a questo accordo. I pa­dri costituenti nel dicembre 1947 vo­tarono con applausi unanimi un or­dine del giorno presentato da Moro con cui si chiedeva che la nuova Car­ta trovasse 'senza indugio adegua­to posto nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle conquiste morali e sociali che costituiscono ormai si­curo retaggio del popolo italiano'». L’indugio, però, ci fu e durò 10 anni. Fu lo stesso Moro, divenuto mini­stro dell’Istruzione, a introdurre nel 1958 'l’educazione civica nella scuo­la secondaria e artistica'. «Ora – an­nuncia Corradini – ci sono le pre­messe legislative per fare un con­creto passo avanti, come ha detto lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del­la cerimonia d’inizio d’anno scola­stico». Corradini ha abbracciato con entu­siasmo il compito affidatogli, anche perché lo studio dell’Educazione ci­vica (come un tempo si chiamava la materia), è un suo amore antico. A iniziare «dall’esperienza fatta con l’Uciim e con l’Unione studenti me­di nel 1968, quando, da docenti del­le superiori - scrive nel libro-diario 'A noi è andata bene' uscito nel 2008 con Città Aperta - cercavamo di met­tere in pratica il decreto Moro, che prevedeva due ore al mese di questa materia, affidata all’insegnante di storia, senza però un voto distinto». Contro questa debolezza istituzio­nale Corradini s’impegnò poi a metà degli anni ’90, come vicepresidente del Cnpi e come sottosegretario nel governo Dini, con Lombardi mini­stro. Si resero conto che nel testo co­stituzionale si trovano in sintesi tut­ti i valori che venivano proposti fino ad allora con una serie di circolari sulle 'educazioni' (salute, ambien­te, pace, diritti dell’uomo, per citar­ne alcune), spesso scollegate e tran­sitorie. La Carta, sotto questo profi­lo, è una bussola educativa unitaria. In 60 anni di vita democratica, l’e­ducazione civica ha avuto il per­corso di un fiume carsico. Siamo davvero alla svolta? «Spero di sì, dopo diversi tentativi. Bisogna dare dignità e forza di di­sciplina a un insegnamento che pre- senti organicamente, non in termi­ni mnemonici e formali o propa­gandistici, il contenuto della Costi­tuzione e dei problemi che vanno af­frontati per crescere nell’interiorità e nelle relazioni, anche perché i ra­gazzi non svaniscano nelle discote­che e negli stadi, non cedano alla tentazione dell’egoismo e della vio­lenza, e non si disperino per la di­soccupazione». Cosa prevede la legge Gelmini? «Il primo articolo non è un capola­voro di trasparenza. Prevede 'l’atti­vazione di azioni di sensibilizzazio­ne e di formazione del personale fi­nalizzate all’acquisizione delle co­noscenze e delle competenze relati­ve a 'Cittadinanza e Costituzione', nell’ambito delle aree storico-geo­grafica e storico-sociale e del loro monte ore', e promuove una 'spe­rimentazione nazionale', in vista di far diventare questa materia una di­sciplina distinta con voto autonomo e con un monte ore di 33 ore l’anno, anche se la legge approvata non lo dice in modo esplicito come la pri­ma versione del disegno di legge di agosto 2008, poi trasformato in de­creto legge a settembre». A che punto è la sperimentazione? «Sulle Linee guida elaborate dal gruppo di lavoro e sulla bozza di de­creto sulla sperimentazione hanno detto sì il Cnpi e i Forum delle asso­ciazioni di studenti e genitori. L’o­rientamento è quello di dare carat­tere biennale alla sperimentazione, partendo subito nel mettere a pun­to gli strumenti e dare spazio di ri­flessione e discussione ai docenti. S’intende valorizzare le buone pra­tiche, ma anche sollecitare la desti­nazione di ore e di voti specifici per la nuova disciplina. Penso che in se­de di necessaria revisione delle 'in­dicazioni nazionali per il curricolo' sia possibile avere una visione uni­taria e complessiva del curricolo. Se no, la nuova disciplina resterà un’in­trusa». Che cosa succede in proposito al­l’estero? «Sul piano comparativo si notano Paesi che hanno fatto la scelta della disciplina distinta, altri che seguono la via della 'trasversalità' dei conte­nuti civici a ogni disciplina. Una co­sa non esclude l’altra. Nessun Paese è soddisfatto delle soluzioni peda­gogiche e didattiche trovate per que­st’area, ma nessuno è rassegnato a lasciarla cadere fuori dal curricolo o a diluirla in esso tanto da smarrirne lo specifico apporto a un fonda­mentale compito educativo, che nel­la sua ampiezza interessa e impegna tutte le discipline e tutta la vita sco­lastica». Conoscere la Costituzione in un’I­talia sempre più multietnica. «I primi destinatari di 'cultura della cittadinanza' restiamo noi italiani, che dobbiamo conoscere e soprat­tutto vivere i valori della nostra Co­stituzione. Anche perché chi arriva da fuori deve apprendere le norme di convivenza, che non sono pure regole di galateo, non solo leggen­dole nella Costituzione, ma anche vedendole nella testimonianza e nel comportamento degli italiani. Sol­tanto davanti a 'cittadini pratican­ti', se mi passa il termine, possiamo dare corpo ai valori della cittadi­nanza stessa».
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