Il Parlamento si fa due conti in tasca e scopre che può tagliare la bellezza di 270 milioni di euro. Ma dalle accuse di “sprechi”, la Camera dei deputati si assolve e attraverso il suo questore Francesco Colucci dice senza troppi giri di parole «che la politica ha un costo» e che tutto sommato «i deputati italiani comportano una spesa inferiore per i contribuenti rispetto a quelli di altri Paesi europei». Un paragone che però raccoglie molte perplessità. Il Senato invece annuncia un taglio del 15% dei suoi costi, per un totale di 120 milioni nel triennio 2011-2014. Tuttavia nel 2010 le spese di gestione di Palazzo Madama hanno superato, di poco, i 598 milioni di euro. Una bella cifra. Intanto, oggi alla Camera e al Senato verranno votati i rispettivi bilanci, oltre a numerosi ordini del giorno (solo a Montecitorio ce ne sono in agenda ben 56, di cui 11 del Pd) che impegneranno (ma non obbligheranno) gli uffici di presidenza delle due Aule della Repubblica a trovare soluzioni valide per contenere in futuro le spese di esercizio. Nel triennio 2011-2014 «il bilancio dello Stato potrà beneficiare di una minor richiesta di dotazione da parte della Camera pari a 75 milioni di euro e di restituzioni di somme da parte della Camera stessa pari a 76 milioni di euro – taglia corto il questore della Camera Colucci –. In totale: più di 150 milioni di euro». Un buon gruzzolo, senza dubbio anche se Colucci, forte di uno studio effettuato, non ci sta ad essere “processato” quale “sprecone” e puntualizza invece come «troppo spesso» circolino «notizie non rispondenti alla realtà». In pratica, per Colucci, il costo complessivo sostenuto dalla Camera per ciascun parlamentare italiano è inferiore a quello sostenuto da altri parlamenti europei. «Infatti – spiega il deputato del Pdl – il costo mensile complessivo per ciascun deputato italiano è pari a 20.486 euro, inferiore rispetto al costo di ciascun parlamentare francese (23.066 euro), tedesco (27.364 euro), inglese (21.089 euro) ovvero al costo di un deputato del Parlamento europeo (34.750 euro)». Ma non tutti sono d’accordo, tanto che dallo stesso studio si deduce come invece gli “stipendi” tra i più alti d’Europa (si veda l’infografica in alto alla pagina). Antonio Di Pietro, ieri dalle pagine di
Repubblica tuonava contro «i vitalizzi e gli arerei gratis per andare al mare» in località esotiche. Insomma, i tagli annunciati non sarebbero altro che «un bluff». Di Pietro infatti indica altre misure per dare un segnale vero: «Dimezzare i rimborsi elettorali, eliminare i benefit di cui godono tutti gli ex parlamentari e ridimensionare quelli dei parlamentari in carica, rinunciare agli aumenti di indennità come ha fatto Napolitano». Insomma si può fare di più secondo il leader Idv prendendo esempio proprio dal Colle. Il Pd al Senato per esempio ha chiesto di triplicare i tagli già previsti, causando non pochi malumori, soprattutto alla Camera, dove in molti deputati accusano (in modo surreale) Palazzo Madama di avere troppi privilegi senza rendersi conto che invece a Montecitorio la situazione è ben diversa. «Ma perché non leghiamo la diaria dei deputati, ossia il rimborso delle spese di soggiorno a Roma, all’effettivo lavoro in Parlamento?», si domanda Renzo Lusetti, deputato dell’Udc, che a riguardo ha presentato nei giorni scorsi un ordine del giorno al bilancio dell’Aula, che appunto oggi sarà votato a Montecitorio. Ma c’è anche chi si smarca, spiegando che gli sprechi non sono causati dal costo del Parlamento, bensì da una macchina statale imponente. «Dopo Formigoni anche Caldoro rompe il tabù dei confini regionali. Serve ridurre la Regioni a sette o otto come suggeriva la fondazione Agnelli venti anni fa», conclude il ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi.