sabato 24 ottobre 2015
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«Ma quale timidezza?». Il tono è pacato, come sempre, ma il viceministro della Giustizia Enrico Costa (Area popolare-Ncd) non concorda affatto con le critiche espresse dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati sull’azione di riforma avviata da Parlamento e governo: «La realtà dei fatti non è questa...». E qual è invece? Io solidarizzo coi magistrati rispetto agli attacchi, che ritengo ingiusti e ingenerosi, sul presunto rapporto fra inchieste e andamento dell’economia. Ma sull’accusa al legislatore di 'timidezza' non ci sto: se essere timidi è aver fatto la legge anti corruzione, aver previsto l’aumento delle pene e la restituzione del maltolto per chi vuole patteggiare e gli sconti di pena per chi collabora, il falso in bilancio e l’autoriciclaggio, allora il concetto di timidezza di Sabelli non corrisponde a quello non solo mio, ma della maggior parte degli italiani... L’Anm boccia il ddl sulla prescrizione, definito «deludente»... Un processo che va in prescrizione è una sconfitta per lo Stato. Ciò detto, ci sono due strade per evitarlo: una è facile, ossia allungare i termini... E l’altra? È quella più significativa. Noi abbiamo cercato di lavorare per un aumento dei termini di prescrizione, laddove necessario, ma tenendo insieme la necessità di non avere processi infiniti. Se le proposte dell’Anm venissero attuate, genererebbero processi lunghissimi, se non accompagnate da norme di contenimento dei tempi... E le intercettazioni? Per Sabelli la legge delega è 'generica'... Sono obiezioni che ho sentito fare, legittimamente, da forze politiche. I magistrati dovrebbero cercare di svolgere la propria funzione: se oltre ad applicare le norme, pensano anche di realizzarle, commentandole passo passo e pubblicamente, allora il confine diventa confuso... No agli sconfinamenti, lei dice. Ma vale per entrambe le parti? Mi ritrovo nell’affermazione fatta l’altra sera dal presidente del Consiglio: quando parla la magistratura, la politica deve tacere. Ma, affinché l’equilibrio funzioni, anche i magistrati dovrebbero parlare soprattutto con le sentenze, fermo restando il confronto costante e approfondito sulle necessità organizzative della propria funzione. Mi sarebbe piaciuto che la relazione di Sabelli avesse affrontato di più quelle esigenze o che si fosse parlato del lavoro svolto silenziosamente da tanti magistrati che non vanno sulle pagine dei giornali... Sui giornali, ogni giorno c’è un’inchiesta per corruzione. Le norme attuali bastano davvero a sradicare la malapianta? E la legge Severino andrebbe ritoccata? Sulla Severino, vale ciò che ha detto il premier: per ora non si tocca. Ma passi avanti sono stati fatti e l’Autorità anti corruzione di Raffaele Cantone ne è un esempio. Diverso è il discorso sulla prevenzione, dove servirebbe anche un’azione culturale. Lavorando insieme, società civile, politica e magistratura, si può fare... Lei è di Area popolare. I suoi colleghi lamentano che una sentenza del Tribunale di Roma, mentre il Parlamento discute la legge sulle unioni civili, abbia autorizzato la convivente di una donna, madre di una bimba, ad adottare la piccola. Qual è il suo parere? I magistrati sono chiamati ad applicare le leggi. Dal canto mio ritengo, come sempre, di non esprimere commenti su una sentenza.
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