sabato 2 aprile 2016
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MILANO Almeno 170.000 migranti e rifugiati sono giunti in Europa via mare nei primi tre mesi dell’anno ed il numero di morti è salito a 620. A cui andrebbero aggiunti 89 dispersi in un naufragio avvenuto mercoledì al largo della Libia e nel quale vi sarebbero stati 31 sopravvissuti. Lo riferisce l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) rendendo noto un conteggio non ufficiale che include gli arrivi di in Italia e attraverso le acque spagnole. E se aumentano gli sbarchi, cresce anche il numero delle vittime. Il totale di 620 morti in mare nel 2016 è in aumento del 23% rispetto ai 505 nello stesso periodo dello scorso anno. A fronte dei 169.060 arrivati vivi o salvati in mare, un numero otto volte superiore (20.700) a quello registrato nei primi tre mesi del 2015. Resta ancora avvolto nel mistero il naufragio di cui ha appreso l’Oim, avvenuto mercoledì nel Canale di Sicilia ma ancora senza riscontri. Una situazione che non ha alcun collegamento con la chiusura della rotta balcanica. I profughi siriani intrappolati in Turchia e in Grecia anche volendo non riuscirebbero a raggiungere via terra le coste nordafricane, da cui tentare la traversata verso la Sicilia. «Non leghiamo necessariamente all’accordo Ue-Turchia l’aumento registrato», osserva Carlotta Sami, portavoce dell’Acnur in Italia. La ragione è semplice. «Le nazionalità sono diverse. Vedremo ad aprile se il trend verrà confermato». Ma è proprio il fronte turco a creare nuovo allarme tra gli operatori umanitari. Le autorità di Ankara continuano a espellere illegalmente migliaia di rifugiati siriani da metà gennaio. Lo denuncia Amnesty International che ha raccolto testimonianze dirette in vista dell’accordo Ue-Turchia che entrerà ufficialmente in vigore lunedì. Secondo l’organizzazione, le autorità prelevano cento profughi al giorno e li ributtano nel territorio siriano. Ma, ricorda Amnesty, i rimpatri forzati e di massa sono illegali sia in Turchia, sia in Europa sia nel diritto internazionale. «Nel loro disperato tentativo di sigillare i confini, i leader europei hanno deliberatamente ignorato il più semplice dei fatti: che la Turchia non è un paese sicuro per i rifugiati, soprattutto siriani, ed è sempre meno sicuro man mano che passano i giorni», ha dichiarato John Dalhuisen, direttore per l’Europa e l’Asia centrale per Amnesty. «Nessuno dei siriani che ha richiesto la protezione del nostro Paese viene rispedito indietro con la forza, in linea con il diritto internazionale e nazionale», hanno fatto sapere dal ministero degli Esteri di Ankara. Affermazioni smentite dai profughi. Tra i casi rivelati da Amnesty c’è quello di tre bambini costretti a tornare di nuovo in Siria senza i loro genitori e quello di una donna incinta di otto mesi. «La disumanità e la scala dei respingimenti è veramente scioccante. La Turchia deve fermarli immediatamente », ha ammonito Dalhuisen. Secondo altri rifugiati siriani nella provincia di confine di Hatay, alcune persone che hanno tentato di registrarsi sono state arrestate e costrette a tornare in Siria, insieme con i rifugiati trovati senza documenti di registrazione. Ci sono attualmente circa 200 mila persone sfollate lungo 20 chilometri di confine turco. Secondo i gruppi per l’aiuto umanitario e i residenti, le condizioni nei campi sono spaventose, senza acqua pulita né servizi igienici. Un residente ha elencato tra i pericoli anche i rapimenti a scopo di riscatto. Le politiche sempre più restrittive adottate alla frontiera rappresentano un cambiamento radicale rispetto a quelle adottate in precedenza dalle autorità turche nel corso dei cinque anni della crisi siriana. In precedenza, i cittadini siriani muniti di passaporto avevano potuto attraversare regolarmente la frontiera e anche coloro che erano entrati in modo irregolare (la stragrande maggioranza) erano stati in grado di registrarsi. «Il principio di non respingimento è scritto nero su bianco nell’accordo ed è una linea rossa che vogliamo vedere rispettata », così una portavoce della Commissione Ue ha risposto alle critiche di Acnur e Amnesty International. «Non entriamo nel gioco dello scaricabarile, siamo qui per rendere operativo l’accordo», «prendiamo sul serio le accuse» e «lavoriamo strettamente con Turchia, l’Acnur e ong» come Amnesty «per rispondere alle loro preoccupazioni ». Rassicurazioni, però, non ne sono arrivate. Secondo i cittadini siriani con cui Amnesty International ha parlato da entrambi i lati del confine, il rafforzamento della sicurezza alla frontiera e la mancanza di qualsiasi mezzo regolare per attraversarla hanno finito per spingere le persone nelle mani dei trafficanti, che chiedono almeno mille dollari a persona testa per entrare nel Paese. © RIPRODUZIONE RISERVATA GRECIA Un bambino attraversa i binari vicino al campo profughi di Idomeni (Ansa)
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