sabato 25 aprile 2015
Attimi di tensione quando gli antagonisti hanno contestato la Brigata ebraica. Sul palco Camusso e Pisapia.
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​Con le canzoni della Resistenza, "Bella ciao" e "Fischia il vento", ha preso il via a Milano il tradizionale corteo del 25 aprile. La manifestazione, istituzioni in testa, si è snodata corso di Porta Venezia per raggiungere piazza Duomo dove si sono svolti i comizi. Si è aggiunta, come previsto, al tradizionale corteo la Brigata Ebraica, la cui partecipazione è stata in alcuni momenti in forse per via di polemiche con alcune frange dell'estrema sinistra che parteciperanno alla manifestazione. Alcuni momenti di tensione per grida e insulti nei confronti delle associazioni di ex deportati nei campi di concentramento si sono in effetti verificate. Un gruppo di manifestanti pro Palestina hanno urlato slogan come "Fuori i sionisti dal corteo" e alcuni insulti al passaggio delle associazioni degli ex deportati nei campi di concentramento in piazza San Babila. "È una vergogna", hanno commentato altri presenti nella piazza in disaccordo con gli estremisti. Tra le due parti non c'è stato nessun contatto fisico.C'era anche un carro allegorico nel variopinto panorama dei gruppi di estrema sinistra che hanno partecipato alla manifestazione ufficiale del 25 Aprile. Sul camion guidato da un gruppo di antagonisti, campeggiano le caricature del premier Matteo Renzi e del leader della Lega Matteo Salvini (quest'ultimo rappresentato con un elmo cornuto)con frasi contro il razzismo, l'austerità e le politiche sociali. Al termine del corteo sul palco in piazza Duomo i discorsi del segretario della Cigl Susanna Camusso e del sindaco di Milano Giuliano Pisapia."I valori della Resistenza non si possono cancellare, non sono invecchiati perché hanno 70 anni" ha detto Camusso. "Una delle libertà fondamentali che ci è stata trasmessa dalla Resistenza e da quei valori - aggiunge Camusso, parlando dal palco della manifestazione nazionale del 25 Aprile a Milano - è quella di insegnamento e istruzione, una necessità che rimane oggi come condizione di emancipazione del Paese e come possibilità di crescita dei ragazzi e delle ragazze", conclude il segretario della Cgil.
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