giovedì 2 aprile 2020
I tre Paesi si erano rifiutati di conformarsi al meccanismo temporaneo di ricollocazione da Italia e Grecia di richiedenti asilo del 2015. Avrebbero dovuto accogliere alcune decine di profughi
Migranti sbarcano in Italia. Polonia, Ungheria e Repubblica ceca, nonostante quanto stabilito a livello europeo, in questi anni si sono rifiutate di aiutare il nostro Paese e la Grecia nell'accoglienza dei profughi. E sono state condannate dalla Corte di giustizia Ue

Migranti sbarcano in Italia. Polonia, Ungheria e Repubblica ceca, nonostante quanto stabilito a livello europeo, in questi anni si sono rifiutate di aiutare il nostro Paese e la Grecia nell'accoglienza dei profughi. E sono state condannate dalla Corte di giustizia Ue - Foto di archivio Ansa

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In questi anni alcuni Paesi dell'Unione europea si sono rifiutati di accogliere i migranti, anche contravvenendo alle disposizioni comunitarie e a impegni dal loro stessi assunti. Talvolta arrivando a prese di posizioni di stamp xenofobo o razzista. Tra le motivazioni addotte da questi Paesi pure la difesa della cultura e della religione nazionali, a loro avviso minacciate dall'arrivo dei profughi. Nel mirino, in particolare, i migranti islamici. Peccato che a essere respinti siano stati anche migranti cristiani. E peccato che tra questi Paesi ci fosse la Polonia, terra di grande emigrazione, che quindi avrebbe dovuto capire meglio di altri il dramma dei migranti. Inoltre la Polonia avrebbe dovuto accogliere solo 100 persone. La Repubblica ceca addirittura solo 50. Entrambe non hanno poi mai mantenuto l'impegno, non proprio gravoso.

Adesso arriva però la condanna della Corte di Giustizia Ue. Questa ha stabilito che, rifiutando di conformarsi al meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti asilo creato nel 2015, la Polonia, l'Ungheria e la Repubblica ceca sono venute meno agli obblighi definiti dal diritto dell'Unione. A presentare i ricorsi per inadempimento contro i tre Stati membri è stata la stessa Commissione europea.

Da un lato, la Corte ha riscontrato l'esistenza di un inadempimento da parte dei tre Stati membri di una decisione che il Consiglio aveva adottato il 22 settembre 2015 per ricollocare su base obbligatoria, dalla Grecia e dall'Italia, 120mila richiedenti protezione internazionale verso gli altri Stati membri dell'Unione.

Dall'altro, i giudici hanno constatato che la Polonia e la Repubblica ceca erano venute meno anche agli obblighi derivanti
da una decisione anteriore (14 settembre 2015) che il Consiglio Ue aveva adottato per il ricollocamento, su base volontaria, di 40mila richiedenti asilo dalla Grecia e dall'Italia
.

Dopo l'adozione delle decisioni del Consiglio per alleviare la pressione esercitata dai flussi migratori su Italia e Grecia, la Polonia aveva indicato di essere in grado di ricollocare rapidamente nel suo territorio 100 persone, senza però mai dare seguito a tale annuncio.

L'Ungheria, invece, non aveva in alcun momento indicato un numero di persone che avrebbe accolto.

Nel febbraio e nel maggio 2016, la Repubblica ceca aveva dichiarato di poter ricollocare sul proprio territorio 50 persone. Di queste, solo 12 erano state effettivamente ricollocate dalla Grecia, senza che Praga assumesse nessun altro impegno.

Con la sentenza odierna, la Corte ha accolto i ricorsi per inadempimento presentati dalla Commissione Ue contro i tre Stati membri, stabilendo che questi ultimi non possono invocare né le loro responsabilità in materia di mantenimento dell'ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna, né il presunto malfunzionamento del meccanismo di ricollocamento per sottrarsi all'applicazione del meccanismo stesso.

Polonia, Ungheria e Repubblica ceca sono ora tenute a conformarsi alla sentenza. In caso contrario, la Commissione potrà proporre un altro ricorso chiedendo delle sanzioni pecuniarie.

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