mercoledì 14 novembre 2018
All'origine della sentenza il caso di Padova, dove il regolamento del Comune esclude che l'affidataria di un'urna possa avvalersi dei servizi di un'impresa privata. Sarebbe un monopolio
Un'urna funeraria (Ansa)

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La normativa italiana che vieta alle imprese private di esercitare un'attività di conservazione di urne cinerarie è contraria al diritto dell'Unione Europea. Lo stabilisce una sentenza della Corte Ue, secondo cui una normativa di questo tipo «costituisce una restrizione ingiustificata alla libertà di stabilimento garantita dal diritto dell'Unione».

Il caso nasce dalla vicenda della Memoria, società di diritto italiano, che aveva offerto ai parenti dei defunti cremati un servizio di conservazione delle urne cinerarie, per evitare che queste fossero custodite in casa o al cimitero. La signora Antonia Dall'Antonia aveva deciso di usufruire dei servizi della Memoria, far cremare le spoglie del marito e depositare l'urna con le sue ceneri in una delle strutture dell'impresa. Ma con una delibera del 2015, il Comune di Padova ha modificato il suo regolamento dei servizi cimiteriali, che, da allora, esclude espressamente che l'affidatario di un'urna cineraria possa avvalersi dei servizi di un'impresa privata, gestita al di fuori del servizio cimiteriale comunale, al fine di conservare tali urne fuori dell'ambito domestico.

Così la Memoria e la signora Dall'Antonia hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto per ottenere l'annullamento ditale delibera e il Tar si è rivolto alla Corte di giustizia.

Secondo la Corte, la normativa adottata dal Comune di Padova produce l'effetto di conferire ai servizi comunali un monopolio sulla fornitura del servizio di conservazione delle urne: una normativa nazionale che vieta ai cittadini dell'Unione di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie in uno Stato membro istituisce una restrizione alla libertà di stabilimento, ai sensi dell'articolo 49 TFUE, aggiunge. La restrizione, secondo i giudici, non è giustificata dalle ragioni imperative di interesse generale addotte dal governo italiano e attinenti alla tutela della salute, alla necessità di garantire il rispetto dovuto alla memoria dei defunti e alla tutela dei valori morali e religiosi prevalenti in Italia.

La Corte sottolinea che le ceneri funerarie, diversamente dalle spoglie mortali, sono inerti dal punto di vista biologico, in quanto rese sterili dal calore, sicché la loro conservazione non può rappresentare un vincolo imposto da considerazioni sanitarie. Per quanto attiene alla tutela del rispetto della memoria dei defunti, la Corte ritiene che la normativa nazionale in questione si spinga oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo.

Per quel che riguarda i valori morali e religiosi prevalenti in Italia infine (che osterebbero a una finalità lucrativa delle attività di conservazione di resti mortali), la Corte rileva che l'attività di conservazione di ceneri mortuarie in Italia è assoggettata al pagamento di una tariffa stabilita dalla pubblica autorità e che l'apertura di tale genere di attività alle imprese private potrebbe essere assoggettata al medesimo inquadramento tariffario, che, di per sé, l'Italia evidentemente non considera contrario ai valori morali e religiosi.

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