martedì 6 febbraio 2018
Nell'operazione della Guardia di finanza arrestato anche il magistrato Longo. Coinvolti imprenditori, manager, avvocati e indagati nel caso Consip
Depistaggi e sentenze «aggiustate», 15 arresti
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Sentenze aggiustate e comprate, spionaggio e dossier falsi. Così oggi sono scattati arresti "eccellenti" tra Roma e Siracusa per l’operazione congiunta tra le Procure di Roma e Messina. Dopo «vicende che denotano un’allarmante pericolosità sociale di tutti gli indagati – scrive il Gip di Messina, Maria Vermiglio –, legati tra loro da relazioni che rendono particolarmente concreto ed attuale sia il pericolo di recidiva sia quello di inquinamento probatorio». E sull’ex sostituto a Siracusa, Giancarlo Longo, «non si può fare a meno di rilevare innanzitutto come il lungo arco temporale, durante cui si collocano le plurime condotte di mercificazione della funzione giudiziaria, costituisca la spia dell’inquietante capacità criminale dell’indagato».

Così quindici persone finite in manette per due associazioni a delinquere dedite alla frode fiscale, reati contro la pubblica amministrazione e corruzione in atti giudiziari. Tra i fermati c’è appunto Giancarlo Longo, coinvolto nel caso Eni con presunte azioni di depistaggio anche sul ruolo del suo amministratore delegato Claudio Descalzi. È indagato anche l’ex presidente di sezione del Consiglio di Stato, Riccardo Virgilio (in pensione). Le sentenze, in particolare, stando ai pm, riguardano una società del gruppo Bigotti che, nell’ambito delle gare Consip, riuscì ad ottenere un appalto pari a 388 milioni di euro. Tre sentenze che sarebbero state "sistemate" da Virgilio a favore dei clienti degli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore (anche loro indagati in concorso con il magistrato). Con quest’ultimo che proprio ieri è partito per Dubai.

Quanto invece a Longo (magistrato ordinario, già sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale siciliano), sarebbero almeno venti i procedimenti sospetti aperti a Siracusa. Secondo chi indaga, Longo avrebbe utilizzato la sua posizione per aiutare "amici" e i loro assistiti, attraverso inchieste spesso create ad hoc per intimorire querelanti scomodi, oppure per spingere verso l’archiviazione altre inchieste. In alcuni casi i fascicoli venivano usati per chiedere ad altre Procure informazioni e chiarimenti su persone o situazioni.

L’avvocato Amara e l’imprenditore Fabrizio Centofanti sono «promotori di una associazione a delinquere e responsabili di una pluralità di condotte delittuose tutt’altro che occasionali, poste in essere senza soluzione di continuità per un considerevole intervallo di tempo (almeno dal 2012 e sino ai tempi recenti) ed espressive della tendenza a conseguire in forme illecite ingenti profitti», scrive il Gip Daniela Caramico D’Auria nell’ordinanza di custodia cautelare. I due, si legge ancora, «hanno dato vita ad uno schema delinquenziale ben consolidato, costituito dal ricorso a numerosi schermi societari, utilizzati per violare reiteratamente norme penali e tributarie».

L’Eni, poi. La Finanza ha perquisito anche l’abitazione milanese e gli uffici di Milano e Roma del manager Massimo Mantovani. Secondo l’accusa, nelle vesti di direttore legale di Eni all’epoca dei fatti, sarebbe stato il promotore dell’associazione a delinquere che avrebbe «concordato e posto in essere un vero e proprio depistaggio attraverso esposti anonimi alle procure di Trani e Siracusa nel 2015 e 2016».

Ci sono anche riferimenti a dichiarazioni rese da altri soggetti in merito a somme (cinquemila euro al mese) che sarebbero state pagate «per rendere testimonianze finalizzate a sponsorizzare la sostituzione dell’amministratore delegato di Eni Descalzi». E ci sarebbe un finto tentativo di rapimento, un racconto su agenti segreti nigeriani e avvocati d’affari. Cioè quasi una storia di cappa e spada che sarebbe stata ordita da Longo per aprire una inchiesta che aveva il solo fine di «precostituire ed introdurre elementi indiziari idonei a sviare le indagini svolte nell’ambito del procedimento milanese», ingannando quindi i magistrati di Milano titolari del fascicolo sull’Eni. La quale, sottolineando di non essere indagata, attraverso un portavoce ha fatto sapere che «auspica si faccia quanto prima chiarezza sui fatti oggetto di indagine».

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