venerdì 5 aprile 2019
In 2 anni 500 persone vulnerabili che ne avevano diritto sono arrivate legalmente e in sicurezza in Italia grazie ai corridoi umanitari della Chiesa italiana che si è caricata gli oneri di accoglienza
L'arrivo a Fiumicino di un gruppo di profughi attraverso i corridoi umanitari (Ansa d'archivio)

L'arrivo a Fiumicino di un gruppo di profughi attraverso i corridoi umanitari (Ansa d'archivio)

COMMENTA E CONDIVIDI

La sfida è stata vinta grazie ai territori e alla comunità accogliente. In due anni 500 persone vulnerabili che ne avevano diritto sono arrivate legalmente e in sicurezza in Italia grazie ai corridoi umanitari della Chiesa italiana che si è caricata gli oneri di accoglienza e integrazione.

A poco più di un anno dall'avvio del canale con l’Etiopia aperto dalla Cei, la Caritas italiana e la Caritas Ambrosiana hanno presentato oggi a Milano, nell’Aula Magna della Cattolica, “Oltre il mare”, il primo rapporto sul programma attuato da Comunità di Sant’Egidio, Caritas italiana e l’ong Gandhi charity. Tra questi 500 il 97% ha ottenuto lo status di rifugiato. Nel gruppo ci sono 200 bambini, più della metà dei quali ha meno di 10 anni. Sette le nuove nascite avvenute in Italia, con 5 gravidanze in corso al momento della partenza. Il 56% dei profughi sono uomini, il 44 donne. Provengono in larga maggioranza dai campi profughi etiopici del Tigray, dove stanno in prevalenza gli eritrei (il 70% dei rifugiati arrivati è di questa nazionalità), o dagli alloggi per rifugiati urbani di Addis Abeba dove stanno soprattutto i somali (un decimo dei profumi accolti) e i sud sudanesi (13%).

Con due canali straordinari sono arrivati anche profughi siriani, iracheni e yemeniti da Giordania e Turchia. Tutti hanno subito torture, persecuzioni e violenze e soffrono di conseguenza per malattie psichiche o hanno stress o traumi psichici. Sono stati accolti 106 nuclei famigliari e sono state coinvolte 47 Caritas diocesane in 17 regioni e 87 comuni.

Il metodo dell’accoglienza diffusa sperimentato da Caritas italiana dopo l’appello del Papa del 2015 “Protetto. Rifugiato a casa mia” si è confermato vincente. Sono state coinvolte 58 famiglie tutor che si sono occupate direttamente delle necessità dei profughi con l’ausilio di 574 volontari e 101 operatori. Tutti i minori in età scolare sono stati inseriti nei percorsi di studio. Un terzo dei beneficiari è già inserito nei corsi di formazione professionale, gli altri stano frequentando corsi di italiano. Inoltre 24 hanno già trovato un impiego nei settori agricolo, commerciale domestico e alberghiero.

«C’è chi è stato rapito e fatto prigioniero nel deserto del Sinai, in Egitto, prima del 2013 – ha spiegato Alganesh Fessaha, presidente dell’ong Gandhi Charity che ha offerto una preziosa collaborazione – mentre tentavano di raggiungere Israele. Le torture e le violenze sono state poi replicate nei lager libici. Nel Sinai abbiamo salvato più di 10mila persone e con una sorta di corridoio li avevamo portati in Etiopia nei campi profughi». "Avvenire" seguì da vicino quella vicenda. Oggi, dopo sofferenze indicibili, almeno per alcuni di loro c’è un lieto fine.


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: