venerdì 31 gennaio 2020
Atterrati a Fiumicino stamattina grazie alla collaborazione tra S. Egidio, evangelici e valdesi. Pronte le cure per bambini con idrocefalia, talassemia e un diabetico. Accoglienza in tutta Italia
 A Roma 86 profughi siriani dal Libano, la metà minori

ANSA

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A sostenere lo striscione "Benvenuti in Italia" stavolta ci sono quasi solo bambini. Gridano «Viva l'Italia», emozionati e stanchi per il volo partito a notte fonda da Beirut. Entrano agitando palloncini nella saletta riservata dell'aeroporto di Fiumicino. Stavolta sono tanti i minori, più del solito: 42 degli 86 richiedenti asilo siriani, salvati dai campi di raccolta in Libano da Sant'Egidio, Federazione chiese evangeliche in Italia e Tavola valdese, in collaborazione coi ministeri dell'Interno e degli esteri. Arrivano con pochissimi bagagli, segno evidente di situazioni di grave fragilità economica e sociale. Diversi anche i casi bisognosi di cure urgenti: bambini con idrocefalo, talassemia, un adulto malato di diabete. Pronti ad abbracciare i nuovi arrivati ci sono parenti siriani, arrivati da un anno o più. Spesso sono loro a fare da tutori e mediatori culturali per i nuovi arrivati. Chi è in Italia da un po' di tempo spesso ha trovato lavoro, mandato i figli a scuola, si è reso autonomo dalla fase di accompagnamento assicurata dai volontari. E ora agevola l'inserimento di parenti e amici.

Grazie alla "buona pratica" dei corridoi inventata da Sant'Egidio, Federazione chiese evangeliche in Italia e Tavola valdese, in collaborazione coi ministeri dell'Interno e degli esteri, salgono complessivamente a 3.179 i profughi arrivati in Europa (Italia, Francia, Belgio e Andorra). Nel numero sono compresi anche altri corridoi, come quello con base in Etiopia attivato dalla Cei con Caritas e Migrantes, che ha permesso di salvare dai campi profughi etiopici richiedenti asilo da Somalia, Eritrea, Sud Sudan e Yemen. L'Italia con circa 2.600 arrivi è il Paese che ha accolto di più, in gran parte siriani dal Libano.

L'abbraccio di Sanaa

L'abbraccio di Sanaa - ANSA

Al Terminal 3 di Fiumicino ci sono anche i volontari venuti a prendersi i "loro" profughi: parrocchie, associazioni, comunità. Molto attivi i gruppi dell'area di Mantova, dove c'è richiesta di manodopera nei settori agricolo e zootecnico. L'associazione Solidarietà educativa, ad esempio, ha allargato al'accoglienza dei profughi l'originaria missione di diffusione dell'affido. Due anni fa hanno messo a disposizione un appartamento. Tra Porto Mantovano e Pegognaga vive più di una famiglia di siriani. Come Sanaa, arrivata da Homs a dicembre 2016 con i figli e il marito Mohamed, ex-capocantiere, che ha seguito un corso da saldatore e ha trovato lavoro. «Abbiamo resistito sotto i bombardamenti per un anno - racconta Sanaa - poi ci hanno distrutto la casa. Certo, mi piacerebbe tornare in Siria, ma solo se le cose si rimettono a posto. Inshalla, sia fatta la volontà di Dio». È arrivata a Roma per accogliere Ramia, la sorella maggiore, che non vede da tre anni. Vuole farle una sorpresa, per questo si nasconde dietro ai volontari. Ecco Ramia, l'abbraccio è lungo e commosso. Poi si uniscono il marito Tamam e i tre figli Rateb, Seba e Mohamad Moataz. Le altre sorelle sono in Libano, in Germania e in Arabia Saudita, un fratello ad Abidjan in Costa d'Avorio, il settimo ancora a Damasco coi genitori.

Jihad invece è arrivato da Trieste col figlio George, che fa il quarto anno alle superiori e sogna di diventare medico. Sono venuti a Roma per abbracciare il fratello Adham, che soffre di diabete e ha bisogno di cure. «A Trieste - dice Jihad - lavoro al porto. Mi ricorda la mia città, Latakia, sul mare. Io sono arrivato il 27 aprile 2017. Una data che non dimentico e che festeggio come fosse un altro compleanno».

I ragazzi di Roma del gruppo di volontariato 'Va' a fa'n bene'

I ragazzi di Roma del gruppo di volontariato "Va' a fa'n bene" - ANSA

Tra i volontari spiccano tre ragazzi di Roma sui vent'anni con cartelli gialli di benvenuto per Ahmad, che regge in braccio il piccolo Omar, 18 mesi, e Reham, incinta al settimo mese. Una famigliola fuggita da Deir Ez Or, al confine con l'Irak. Elena, Federico e Annabella si sono conosciuti nella parrocchia romana di San Felice di Cantalice, tra Centocelle e Villa Gordiani. Ma hanno fondato una loro associazione dal nome sbarazzino: «Va a fa'n bene». E ne stanno facendo, di bene, con gli incontri nel quartiere per sensibilizzare sui temi dell'immigrazione e della difesa dell'ambiente. Ora il salto di qualità, col progetto di accogliere una famiglia di profughi, in collaborazione con Sant'Egidio, sotto la supervisione di Daniela Pompei, responsabile per la Comunità dei servizi a migranti, rifugiati e rom. «Abbiamo chiesto su Facebook biancheria e stoviglie, in mezza giornata abbiamo avuto dalla gente del quartiere tutto quello che ci serviva».

A smistare chi sarà ospitato dalla Federazione delle chiese evangeliche c'è Federica Brizi, responsabile accoglienza che coordina ben 54 degli 86 siriani arrivati oggi. «Le famiglie siriane - spiega - saranno smistate a Genova, nelle valli valdesi in Piemonte, a Firenze, Padova, Roma, a Scicli nel ragusano. Piccoli numeri sparsi sul territorio, accompagnati da operatori della Fcei e della Diaconia valdese. È il sistema che funziona meglio. E le famiglie già integrate aiutano quelle che arrivano».


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