martedì 31 gennaio 2017
In un anno 540 arrivi in sicurezza. Entro febbraio primo gruppo Cei dall’Etiopia. Procede il modello ideato e finanziato da Comunità di Sant’Egidio, Chiese evangeliche e Tavola Valdese
Corridoi, non muri: accolti 40 profughi
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Al Terminal 2 di Fiumicino, ad attendere i profughi siriani tra le autorità e gli operatori umanitari, c’è anche Nour Essa, 31 anni, biologa fuggita da Damasco. Dopo aver lavorato con gli anziani, dovrebbe entrare nei laboratori del Bambino Gesù. Era arrivata da Lesbo a Roma col marito il 16 aprile, sul volo papale. Ora abbraccia felice due fratelli e la sorella dello sposo, assieme ai suoceri. «Voglio inviare un messaggio a Trump», dice ancora emozionata: «Noi siamo tutti fuggiti da una guerra, non siamo terroristi. E chiudere le porte non è la soluzione per fermare il terrorismo». Lo ripete anche Fatima, scappata da Homs, a una giornalista americana che la intervista: «No, le barriere non vanno bene, non servono. Tutti, musulmani e cristiani, tutti possiamo vivere insieme e insieme aspirare a un mondo di pace». Ponti contro muri.

È il modello dei corridoi umanitari, inventato, gestito e finanziato da Comunità di Sant’Egidio, Tavola Valdese, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), in collaborazione coi ministeri degli Esteri e dell’Interno. Un anno fa, era il 4 febbraio 2016, la prima famiglia siriana, con la piccola Falak che aveva urgente bisogno di cure per un tumore che rischiava di renderla cieca. Ieri il sesto arrivo, 40 persone di Damasco, Homs, Aleppo, rifugiate nei campi profughi libanesi. Vedove, coppie con figli piccoli, anziani.

Ad oggi sono 540. Entro l’anno si dovrebbe arrivare a quota mille. Un modello ripreso anche dalla Cei, che ha mobilitato Caritas e Migrantes, sempre con Sant’Egidio, per aprire un altro fronte nel Corno d’Africa, per gli eritrei e i somali nei campi profughi in Etiopia: altri 500. «I primi dovremmo riuscire ad accoglierli prima dell’estate», spiega Daniela Pompei di Sant’Egidio. Ed è un modello esportabile: «Entro febbraio la Conferenza episcopale francese e la Comunità di Sant’Egidio dovrebbero firmare il protocollo a Parigi col ministero dell’Interno». «I muri mai», ripete anche Marco Impagliazzo. Per il presidente della Comunità «i muri non sono mai serviti e soprattutto chi li ha costruiti ne ha pagato le conseguenze. Quindi noi costruiamo ponti, che è meglio», dice sorridendo. «E sono molto felice che il Papa nella sua intervista al Pais abbia citato i corridoi umanitari come modello di integrazione».

La risposta alle politiche di chiusura di Washington – dal fronte messicano a quello mediorientale – è che «come cristiani noi vogliamo invece costruire ponti», ribadisce Luca Negro, presidente della Fcei. E ripete: «No ai viaggi della morte sui barconi nel Mediterraneo, sotto ai Tir; sì a un viaggio in tutta sicurezza: non solo per chi cerca rifugio, ma anche per chi riceve». I richiedenti asilo sono tutti identificati e selezionati alla partenza. Negro sottolinea anche il valore ecumenico dell’esperienza: «Abbiamo appena celebrato la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, il cui motto era 'l’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione'».

I passeggeri del volo dal Libano trovano ad accoglierli è anche il viceministro degli Esteri Mario Giro, che stringe la mano a tutti. Anche a questa bambina, tutta contenta per i palloncini e le merendine offerte da Aeroporti di Roma. «L’Italia continua la sua linea – dice Giro – che è la linea ragionevole attraverso la quale si cerca di risolvere i problemi. Sappiamo che i muri, e tutto ciò che comporta il cosiddetto 'cattivismo', non risolvono i problemi, ma aumentano la nostra insicurezza, aumentano l’odio. E i tragici avvenimenti del Canada lo dimostrano». L’accoglienza non si limita al viaggio sicuro. I profughi ora vengono smistati in piccoli nuclei sul territorio, i bambini avviati subito a scuola, per gli adulti corsi di lingua e avviamento al lavoro, per anziani, disabili e malati l’assistenza sanitaria necessaria.

Come questa famiglia – marito, moglie e tre bambini – che appena uscita dal Terminal sale sul pulmino che la porta a Varese dove verrà presa in carico dall’Associazione Papa Giovanni XXIII. O la famiglia Zaheda, che si riabbraccia qui all’aeroporto, dopo tre anni di separazione. Altri verranno accolti dalle parrocchie di Coriano, a Rimini. A Fano c’è la disponibilità dell’associazione cattolica 'La banca del gratuito', che ha già in carico una famiglia. Cosenza si sta organizzando. È l’Italia dei ponti e dei campanili, che si ritroverà qui a Fiumicino a fine febbraio, per regalare una nuova vita ad altri cento siriani.

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