venerdì 3 aprile 2020
«In prima linea con amore e creatività»: il segretario generale di Caritas Internationalis Aloysius John fa il punto sull'azione delle 165 sedi. Sostegno alle popolazioni, informazione e prevenzione
Un operatore di Caritas Armenia al lavoro

Un operatore di Caritas Armenia al lavoro

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Caritas Internationalis è impegnata a portare aiuto nella crisi «che questa pandemia ha creato in Cina, Europa e negli Stati Uniti» ma «la nostra principale preoccupazione oggi è preparare i paesi più poveri in Africa, Asia, America Latina e Medio Oriente ad affrontare un'enorme emergenza a causa di un improvviso scoppio della pandemia». In particolare è «preoccupata per la situazione umanitaria in Medio Oriente, nel Sud Sudan, nell'Africa centrale», dove il dilagare del Coronavirus «potrebbe portare a un grave disastro umanitario in questi Paesi resì già fragili a causa della continua guerra e violenza». Per questo la federazione delle 165 Caritas nazionali chiede che «non venga interrota l'assistenza umanitaria internazionale, fatto che costituirebbe una grave minaccia per le comunità che sopravvivono grazie agli aiuti».

È l'appello lanciato questa mattina durante una conferenza stampa online dal segretario generale di Caritas Internationalis, Aloysius John, che ha fatto il punto sull'aiuto dell'organizzazione alle fasce più fragili della popolazione colpite dalla pandemia. «Azione, sensibilizzazione e advocacy, senza mai dimenticare la preghiera». Queste, ha spiegato il segretario generale, le direttrici dell’opera di Caritas. Ognuna delle 165 Caritas nazionali ha posto in essere progetti e misure per sostenere le popolazioni colpite o contrastare la diffusione del virus, nei Paesi in cui questa è ancora agli albori.

Nonostante in molti Paesi lo stesso staff della Caritas abbia dovuto prendere precauzioni ed attenersi alle misure imposte dai governi, l’opera di carità non si è fermata riuscendo a raggiungere, anche con una certa dose di creatività, i più bisognosi che in questo momento di crisi rischiano di essere ancor più lasciati indietro. In Italia, nonostante la drammatica situazione, il lavoro di Caritas è continuato attraverso le mense, i dormitori per i senzatetto e l’assistenza agli anziani, anche attraverso una linea telefonica dedicata. In molti altri Paesi – tra cui Armenia, Uganda e Ucraina - sono stati attivati servizi telefonici di assistenza psicologica e accompagnamento. In Venezuela, dove la diffusione del virus sta aggravando una situazione economica già disastrosa, i volontari assicurano aiuti alimentari e kit per l’igiene personale anche a domicilio. In India, dove la pandemia è agli inizi ma sono già centinaia le persone infette, Caritas ha fornito più di 72mila flaconi di disinfettante, oltre 400mila mascherine e 64mila kit per l’igiene personale. Nelle Filippine, il desiderio di continuare ad aiutare ha portato alla creazione di “stazioni della gentilezza” (kindness station) dove vengono distribuiti aiuti alimentari ai più poveri. In Ecuador, dove la diffusione del virus è ormai dilagante, la Caritas locale sta già aiutando quasi 2000 persone, tra cui circa 1000 bambini e adolescenti.

Importantissima l’opera di sensibilizzazione di Caritas per informare, soprattutto le persone vulnerabili, su come prevenire il contagio. La presenza capillare della Confederazione in tutto il mondo è essenziale per trasmettere i messaggi anche alle comunità più isolate. «Tutti – ha rimarcato John - hanno diritto a ricevere il giusto orientamento per evitare di essere infettate». In Ruanda ad esempio, la Caritas ha iniziato a trasmettere messaggi di sensibilizzazione attraverso le radio diocesane anche prima che vi fosse stato un solo caso di Covid-19. Sono inoltre numerose le Caritas che diffondono informazioni porta a porta e attraverso materiale cartaceo. Caritas Internationalis ha inoltre creato, nella propria rete interna, una piattaforma virtuale dedicata al Coronavirus, che consente di seguire l'evoluzione dell'impatto del virus, identificare le migliori pratiche, fornire consulenza e aumentare la consapevolezza.

In questo momento drammatico, Caritas Internationalis invita a guardare in particolar modo ai Paesi più poveri e in via di sviluppo, dove una diffusione della pandemia potrebbe avere conseguenze ancora più catastrofiche che in Occidente Le Caritas sono già al lavoro per individuare le strutture mediatiche gestite dalla Chiesa che potrebbero essere impiegate in caso il virus si propagasse. Ma soprattutto è necessario che non si fermino gli aiuti internazionali: «Questa crisi sta per il momento colpendo principalmente l’Occidente, ma non dobbiamo perdere di vista quei Paesi poveri che potrebbero essere più indifesi e bisognosi di solidarietà globale», ha affermato Aloysius John.

Al tempo stesso, la Confederazione esorta a non dimenticare i soggetti più vulnerabili presenti in tutti gli Stati: «la povertà urbana, i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo» che sono a maggior rischio di contagio a causa delle condizioni in cui vivono. Caritas Internationalis invita le autorità locali a garantire loro accesso ai servizi di base, indipendentemente dallo status giuridico.

«Infine dobbiamo tutti imparare un’importante lezione da questa tragica pandemia – ha affermato John – ora che conosciamo cosa significhi temere la morte o perdere i nostri cari, non possiamo più continuare ad uccidere attraverso le guerre e le violenze. Come ci ha detto il Santo Padre la scorsa settimana, il coronavirus deve anche far emergere il meglio di noi. Deve far emergere l’umanità perché siamo tutti esseri umani e dobbiamo vivere in solidarietà come un’unica comunità».

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