lunedì 17 agosto 2020
In aumento le persone ricoverate con sintomi per Covid: sono 810, 23 in più nelle ultime 24 ore e 4 le vittime nelle ultime 24 ore
In Lazio il numero più alto di contagi. Aumentano i ricoveri
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I numeri oscillano e la paura rimane, anche se i contagi sono di nuovo giù: 320 ieri, contro i 479 registrati domenica. Ma pure i tamponi eseguiti sono stati di meno: 30.666 (con un calo di seimila unità). Le preoccupazioni riguardano il trend in costante e progressiva crescita che i dati del ministero della Salute mostrano da una settimana a questa parte: lunedì 10 agosto i nuovi casi erano infatti 259 (con appena 26mila test processati). E siamo, dicono gli esperti, a una situazione simile a quella d’inizio pandemia. «Se non saremo attenti – ammonisce Enzo Marinari, fisico della Sapienza di Roma – rischiamo di trovarci tra 15 giorni con casi di coronavirus seri dal punto di vista dei sintomi, e con qualche decesso in più». Quando l’incubo cominciò, a fine febbraio e inizio marzo, i contagi erano veicolati da soggetti asintomatici che, in quanto tali, non venivano sottoposti al test. Ci vogliono, allora, misure appropriate.



Minimo resta, per fortuna, finora, il numero dei morti: 4, ieri, per un totale di 35.400. Aumentano però i malati ricoverati con sintomi che sono stati 810 (23 in più) e quelli portati nelle terapie intensive, 58 (erano 56), come pure i soggetti in isolamento domiciliare, 13.999 (109 in più di domenica). Il maggior incremento di positivi al Covid-19 si è verificato nel Lazio: 51, sei dei quali sono ragazzi dei quartieri della “Roma bene” rientrati dalla Sardegna dove avevano partecipato a una mega festa a Porto Rotondo (più di 500 persone, quasi tutti senza mascherina) dalla quale è scaturito un cluster, mentre la metà sono casi di importazione o che riguardano turisti di rientro dalle vacanze in Grecia, Spagna, Croazia e Malta, come rilevato anche in altre regioni dove si è visto il balzo dei nuovi infettati. E ciò, a dimostrazione del fatto che il pericolo maggiore arriva proprio oltre le frontiere e coinvolge soprattutto la fascia d’età dei vacanzieri che va dai 20 ai 50 anni.


Chi ritorna in Italia da queste aree ha l’obbligo di fare il tampone entro 48 ore. Ma non è sempre facile prenotare o sottoporsi ai controlli in tempo utile e, soprattutto, utilizzando i test rapidi. In quasi tutti gli aeroporti non si è ancora in grado di fare l’esame naso-faringeo anche se i box attrezzati sono pronti quasi ovunque. A Roma Fiumicino, esauriti i test rapidi, domenica si è tornati a quelli tradizionali, con risposta in 24 ore, Milano Malpensa invece è uno degli scali dove si sono verificati i disagi più gravi, con viaggiatori di ritorno dalle ferie all’estero che non sapevano cosa fare. Molti hanno scelto di rivolgersi a strutture private appena tornati a casa. A Orio al Serio i viaggiatori in arrivo vengono dirottati all’ospedale di Seriate per essere sottoposti alla prova naso-faringea del “cotton fioc”. Il ritardo della Lombardia nell’allestire i test negli scali aerei è stato commentato dall’infettivologo Massimo Galli, direttore dell’ospedale Sacco di Milano, con un «no comment, ma il confronto con Fiumicino è impietoso». Comunque, il ministero della Salute ha assicurato che garantirà a partire da domani e fino a metà settimana l’approvvigionamento dei kit nelle regioni con più alto tasso di rientri dai Paesi a rischio.
Tornando ai nuovi casi registrati ieri, dopo il boom del Lazio c’è il Veneto (46), Lombardia (43) ed Emilia Romagna (41). Molise e Basilicata sono le uniche regioni senza nuovi casi. Esiste dunque un aumento progressivo e costante dei contagi, dunque. E per questo, in cima ai pensieri dei componenti dell’Istituto superiore di sanità e del Comitato Tecnico Scientifico c’è sempre il timore di una seconda ondata in autunno. Si lavora a quattro possibili scenari, tracciati in un documento dell’Iss e del ministero della Salute, con altrettante possibili soluzioni: trasmissione localizzata (i focolai, da controllare e contenere, come accade oggi), situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa gestibile o con rischi di tenuta del sistema sanitario, fino alla più grave situazione, quella non controllata, con criticità della rete dei servizi medico-ospedalieri e valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente maggiori di 1.5 per almeno un mese. Per ogni quadro ipotizzato esiste un intervento da adottare: si va dal traferimento dei pazienti da regione a regione all’adattamento a scopo di ricovero di strutture non adibite a tale utilizzo. Il piano contempla anche una valutazione del livello e della qualità dell’assistenza sanitaria in ogni regione (rete ospedaliera, medicina territoriale, Rsa).



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