giovedì 24 ottobre 2019
Il premier Conte per due ore e mezzo al Copasir. Poi incontra la stampa: «Mai parlato della vicenda con Trump». Duro affondo contro l’ex ministro dell’Interno. Che replica: è nervoso e disperato
Conte: «I nostri 007 estranei a Russiagate. Il problema sono Salvini e Savoini»
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I nostri servizi segreti «sono estranei alla vicenda » del Russiagate e gli incontri avvenuti a Roma sono stati chiesti per canali ufficiali dagli Usa allo scopo di verificare l’operato dei loro stessi agenti. Dopo due ore e mezza di audizione al Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si presenta nella sala stampa di Palazzo Chigi per spiegare all’opinione pubblica i contorni del caso che da settimane sta tenendo banco sulla stampa e nella polemica politica.

Quest’ultima irrompe nel finale della conferenza stampa, quando a una domanda sul caso Rubligate, che investirebbe la Lega, il premier è tornato a chiedere a Matteo Salvini di chiarire, invece di «pontificare». «Forse Salvini dovrebbe chiarire che ci faceva con Savoini, con le massime autorità russe, il ministro dell’Interno, il responsabile dell’intelligence russa. Dovrebbe chiarirlo a noi e agli elettori leghisti. Dovrebbe chiarire se è idoneo o no a governare un Paese». All’ex alleato il premier torna a rinfacciare di non aver avuto sensibilità istituzionale. Tanto che, ricorda Conte, è toccato a lui riferire al suo posto, non ricevendo alcune informazione dall’allora ministro dell’Interno.

«Parole al vento, è fra il nervoso e il disperato perché ha promesso mari e monti e gli italiani hanno capito che è stato un bluff», la replica di Salvini, che si dice preoccupato della manovra. E definisce le sue missioni in Russia «alla luce del sole» e per «difendere le aziende italiane». Poi, ribadisce il segretario del Carroccio, «se qualcuno ha fatto cose poco serie sarà dimostrato». Anche fonti del partito parlano di un Conte «confuso» che «attacca ogni giorno».

Nello specifico degli incontri avuti dal ministro della Giustizia Usa William Barr con i vertici della nostra intelligence, Conte ha chiarito la tempistica e i contorni generali della richiesta americana, senza entrare - come ovvio in vicende di questa natura - in troppi particolari. E più volte ha insistito sulla sua responsabilità di capo del governo nel non riferire ad alcuno, neanche a ministri e leader politici, di queste interlocuzioni, cosa che gli è stata imputata da più parti. «Se l’avessi condivisa con persone non legittimate avrei violato la legge», taglia corto rifacendosi ai doveri del presidente del Consiglio in materia.

Dunque, Barr avrebbe fatto pervenire attraverso i canali diplomatici (ecco spiegato il coinvolgimento del nostro ambasciatore, "rivelato" ieri da un quotidiano) nel giugno del 2019 ed è dunque «falso» che sia avvenuta in agosto, in piena crisi di governo. E lui non avrebbe avuto contatti né con Barr, né tantomeno con il presidente Donald Trump. Gli Usa, chiarisce Conte, non hanno mai avanzato dubbi sull’operato dei servizi italiani. Le attività oggetto della richiesta di informazioni (non un formale atto giudiziario negli States, altrimenti sarebbero scattate altre istanze, come rogatorie internazionali, ha spiegato il giurista Conte) riguardavano la primavera estate del 2016. E anche il professore maltese Joseph Mifsud, scomparso da Roma da un anno. «È stato chiarito che non avevamo informazioni», sottolinea Conte.

Conte non ha riferito cosa ha detto ai membri del Copasir, in quanto coperto dal segreto, ma ha sottolineato di sentire il dovere di chiarire una vicenda che dato il «clamore mediatico» e «le ricostruzioni fantasiose» rischiava di «gettare ombra» sull’operato del governo. Stringato il comunicato del Copasir. Il premier nella sua relazione si è soffermato, tra l’altro, sul dl in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, all’esame della Camera. E «ha infine fornito risposte e chiarimenti a domande poste dai componenti del Comitato, alcune delle quali relative ad argomenti di attualità». Aver escluso il coinvolgimento dei nostri servizi, commenta il segretario del Pd Nicola Zingaretti, è «un passo avanti».

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