venerdì 3 maggio 2013
​Renzi, Fassina e Violante: non può guidarla, serve una figura di garanzia. Pdl: niente veti ad personam, la presidenza spetta a noi.
I calcoli dei paladini della «conservazione» (Sergio Soave)
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Non è ancora nata, ma già è al centro della polemica politica. Di come dovrà essere composta la "Convenzione per le riforme", che dovrebbe pacificare il Paese e costruire e fondamenta costituzionali della Terza Repubblica, non se ne sa ancora nulla. E lo stesso ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello (Pdl), pur armato di buona volontà e dotato di particolare capacità di dialogo, ha ammesso parlando con dei colleghi che è ancora tutto nel mondo delle idee. Ma, nonostante l’oggetto della contesa abbia ancora i contorni così vaghi, lo scontro si accende egualmente su chi sarà chiamato a guidarla. La giornata di ieri fa registrare il fuoco di sbarramento del Pd contro l’auto-candidatura di Silvio Berlusconi alla testa della Convenzione; candidatura che, evidentemente, viene considerata a Largo del Nazareno qualcosa di più di un ballon d’essai. Per contro, il Pdl fa immediato quadrato a difesa del suo leader.Nel dire "mai e poi mai" al Cavaliere si ricompattano alcune tra le anime del Pd. Durissimo il sindaco di Firenze Matteo Renzi: «Ora non esageriamo – dice – un conto è fare un governo con il Pdl perché non ci sono alternative, altro è dare la guida della  Convenzione a Berlusconi. Sarebbe un errore gravissimo, non possiamo certo permettere che si trasformi in un padre costituente». L’altolà è condiviso dal viceministro dell’Economia Stefano Fassina (sinistra Pd) che sbotta: «Dobbiamo trovare una figura in grado di dare garanzie a tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento. Temo che il senatore Berlusconi non sia tra queste». Più elegantemente, l’ex presidente della Camera Luciano Violante (uno dei "saggi" di Napolitano) prova a proporre che nella Convenzione non ci sia alcun parlamentare.Ma dal quartier generale del Pdl arrivano repliche a raffica. Segno abbastanza evidente che a Berlusconi il veto proprio non va giù. Interviene il capogruppo Renato Brunetta, con una nemmeno tanto velata minaccia di ritorsioni sul governo appena nato: «È intollerabile – dice – il susseguirsi di veti nei confronti del leader del Popolo della libertà, partito fondamentale per la coalizione di governo. Senza Berlusconi è impossibile la pacificazione nazionale. Senza Berlusconi non c’è coalizione di governo». Sulla stessa lunghezza d’onda il coordinatore Sandro Bondi («Nessuno ha il diritto di porre veti o pregiudiziali sulle persone, tanto meno su chi ha reso possibile la nascita di questo governo»), il capogruppo al Senato Renato Schifani e, giù per li rami, Matteoli, Gasparri, Cicchitto e tantissimi altri. L’accordo sulle riforme avrebbe dovuto facilitare la nascita del governo di grande intese. Ma se il buon giorno si vede dal mattino la Convenzione può rischiare di diventare una vera e propria pietra d’inciampo per Enrico Letta.
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