mercoledì 16 ottobre 2013
Operazione della Guardia di finanza coordinata dalla Procura di Reggio Calabria salva 226 migranti in un barcone pieno d'acqua. Fermati 17 uomini dell'equipaggio. «Crimine contro l'umanità» (di Antonio Maria Mira)
INTERVISTA L'ammiraglio Foffi: «Il salvataggio è un'opera collettiva»
COMMENTA E CONDIVIDI
Salvare 226 vite umane, mentre il barcone stava già imbarcando acqua, e bloccare in acque internazionale la "nave madre" dalla quale erano stati trasbordati, fermando i 17 uomini dell’equipaggio (7 minorenni), responsabili della "tratta" di immigrati. Prima che riuscissero a rientrare nelle acque territoriali libiche. Un’operazione da manuale, denominata "Never more" (mai più), che anticipa quanto dovrà fare la missione "mare nostrum", quella condotta della Guardia di Finanza coordinata dalla procura di Reggio Calabria. Navi e aerei, riprese notturne con telecamere a infrarossi di tutte l’operazione: l’individuazione, a 250 miglia a sud est di Capo Spartivento, del grande peschereccio col barcone al traino; il trasbordo dei migranti, compresi 79 minori «buttati nella barca come sacchi», commenta il procuratore aggiunto Nicola Gratteri; l’osservazione dell’acqua che entrava nella "carretta", e infine l’abbordaggio della "nave madre".«Questa operazione è tanto più significativa quante più vite umane siamo riusciti a salvare – dice soddisfatto il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho –. Siamo riusciti ad evitare una nuova sicura tragedia». E spiega che «senza il controllo aeronavale a distanza, grazie a Frontex e alla collaborazione di un aereo portoghese attrezzato ai controlli radar in profondità, probabilmente avremmo di nuovo scontato un’immane tragedia». Infatti, secondo i calcoli della Gdf, il barcone avrebbe impiegato sette giorni per arrivare sulle coste italiane ma dopo un’ora c’era già mezzo metro d’acqua all’interno. «Un fatto come questo è da qualificare come atto di pirateria, gravissimo, un crimine contro l’umanità – è la durissima accusa del procuratore –. Che consente a persone senza scrupolo di trarre ricchezza dalle esigenze di sopravvivenza di popolazioni in gravi difficoltà». Ricchissimi affari, come confermano i migrati, in gran parte siriani, che hanno raccontato di aver pagato 3mila dollari.Un affare bloccato con l’abbordaggio della "nave madre" che è stato possibile perché non batteva alcuna bandiera. Solo così, ha spiegato il comandante Amedeo Antonucci delle divisione aeronavale di Taranto delle Gdf, «è stato possibile intervenire in acque internazionali di fronte a una palese violazione dei diritti umani». Ma serve altro. Così il procuratore lancia un appello: «La comunità internazionale si deve fare carico di una legislazione più agile che permetta all’autorità giudiziaria di intervenire anche in tema di migrazione a prescindere dalla territorialità, come già accade per il narcotraffico e altri gravi reati».E non è solo un paragone. Come spiega Nicola Gratteri. «Per individuare e bloccare la nave madre abbiamo utilizzato una tecnologia di alto livello, usata altre volte contro i narcotrafficanti». Poi anche esprime la sua soddisfazione per il salvataggio dei migranti, che ieri hanno ricevuto la visita dell’arcivescovo di Reggio Calabria, Giuseppe Fiorini Morosini. «Sono rimasto impressionato e contento quando ho visto il loro arrivo al porto commenta Gratteri –. Ho visto decine di bambini e ho pensato che erano dei miracolati». Insomma, sintetizza Cafiero de Raho, «questa operazione va oltre le questioni legate al reato di immigrazione clandestina e insiste a pieno titolo nella salvaguardia e nella tutela dei diritti umani».E il flusso non si ferma. Così nel tardo pomeriggio sono stati soccorsi due barconi tra la Libia e Lampedusa con circa 200 migranti a bordo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: