venerdì 14 dicembre 2018
Giorgetti, Lega, attacca gli alleati: il reddito di cittadinanza piace «all'Italia che non ci piace». Replica Patuanelli, M5s: «Offende milioni di cittadini che ci hanno votato»
Trattative a oltranza a Bruxelles sul deficit, ma a Roma si litiga
COMMENTA E CONDIVIDI

La trattativa con l'Ue sulla manovra è serrata, e l'obiettivo di entrambe le parti è chiudere entro lunedì. Per questo si lavora «a oltranza, anche nelle ore notturne», annuncia il premier Giuseppe Conte. Le distanze si stanno accorciando sempre di più, e la Commissione europea lascerà i suoi uffici aperti ai tecnici suoi e a quelli italiani per tutto il weekend concedendo ancora «ascolto» alle istanze italiane, pur non arretrando dalla richiesta di rispetto delle regole.

Ma l'atmosfera adesso è migliore anche se il passo che resta da fare è ancora significativo: manca uno 0,3% del Pil, fanno sapere fonti qualificate, cioè circa cinque miliardi. E se non bastasse, arriva anche una nuova doccia gelata sulle prospettive economiche del Paese: il Pil quest'anno, secondo Bankitalia, crescerà dello 0,9% rispetto alle precedenti stime dell'1,2%.

E mentre il ministro Tria torna a Roma per sondare la maggioranza sulle controproposte di Bruxelles per far tornare i conti, si riaccendono le tensioni tra Lega e 5 Stelle. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, attacca la riforma principe degli alleati: il reddito di cittadinanza piace «all'Italia che non ci piace», ha detto, tornando ad evocare uno scenario di voto anticipato se non si realizza il contratto di Governo. Immediata la replica del vicepremier Luigi Di Maio: «A noi l'Italia piace tutta», risponde piccato rassicurando Giorgetti anche sul rischio lavoro nero, «perché gli ispettorati del lavoro e la Guardia di Finanza - spiega - faranno i loro controlli».

Conte lascia Bruxelles comunque fiducioso in un accordo che - dice - «vogliamo chiudere presto», «consapevole che questa interlocuzione» con l'Ue «implica uno sforzo da entrambe le parti». E con la certezza che l'Italia «non merita» un'eventuale procedura «per il senso di responsabilità e serietà con cui questa manovra è stata scritta».

Ma ora il nemico è il tempo: l'emendamento alla manovra va presentato entro lunedì, e lunedì è anche il giorno in cui i capi di gabinetto dei commissari Ue devono decidere se preparare o meno la procedura contro l'Italia che finirebbe poi sul tavolo del Collegio di mercoledì. È per questo che i tecnici del Tesoro e quelli della Commissione sono chiusi a studiare come aggiustare la spesa strutturale.

«Noi vorremmo che l'intera Ue si facesse carico dei due progetti riformatori» su dissesto e giustizia civile e penale, spiega Conte. Alla Commissione, però, sembra ancora una cifra troppo alta. Per questo ha chiesto maggiori dettagli anche per chiarire la reale dimensione delle spese in questione, prima di vincolarsi ad una cifra definitiva sulla flessibilità che è in grado di concedere.

Inoltre, ancora resistono i dubbi sulla qualità delle misure: ritardare l'entrata in vigore di quota 100 e reddito, non fa che spostare il problema del deficit e debito al 2020 e 2021. Un dubbio però superabile, visto che rinviare il problema non è in conflitto con le regole.

Il lavoro sui numeri proseguirà per tutto il weekend, e Tria sarà in contatto telefonico con Dombrovskis e Moscovici. Ma il rientro a Roma era necessario per rifare il punto, a metà negoziato, sui margini di manovra entro i quali può continuare a muoversi.

Parallelamente al negoziato tecnico, c'è poi quello politico che è in mano al presidente Juncker: anche lui dovrà valutare i progressi fatti finora nella trattativa e decidere se la Commissione è disposta ad incontrare il Governo italiano a metà strada.

A Roma, intanto, la maggioranza non dovrà solo cercare di concludere la trattativa, ma anche superare gli screzi delle ultime ore. Le parole di Giorgetti sul reddito di cittadinanza sono suonate come un attacco, che ha portato Stefano Patuanelli, capogruppo M5S al Senato, a chiedere rispetto alla Lega: «Stupiscono le parole di Giancarlo Giorgetti. Dire che chi ha votato M5S è "l'Italia che non ci piace" è un'offesa nei confronti di milioni di cittadini che hanno scelto noi perché siamo da sempre l'unica forza politica innovativa e di cambiamento».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI