domenica 3 aprile 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
INVIATA A TUSCANIA ( VITERBO) «Sono un ginecologo internazionale », rideva padre Alceste Piergiovanni, scomparso nel 2003 dopo aver fatto avanti e indietro tra Cile e Italia per trent’anni e cercato qui, una ad una, la famiglia giusta per 1.200 bimbi cileni abbandonati. «Andate dal prof tal dei tali per fare figli, poi però arrivate tutti da me e volete i miei». Partito ragazzo nel 1956 da Tuscania ( Viterbo) per restare in Cile sei mesi come missionario nell’Ordine della Madre di Dio, ci restò tutta la vita e fondò il Focolare di Quinta, dove accolse centinaia di bambini soli e vittime di violenza. Un’attività che gli valse la nazionalità onoraria cilena e il titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica italiana, e che oggi è portata avanti dall’Associazione Famiglie Adottive Pro Icyc Onlus, uno dei 62 enti autorizzati per le adozioni internazionali. Ieri a Tuscania un convegno dedicato alla figura del sacerdote, presenti centinaia di studenti, è stato l’occasione per un grido d’allarme condiviso dai vari enti: «Improvvisamente sentiamo parlare di riforma delle adozioni, che secondo alcune voci andrebbero ora aperte a tutti, comprese coppie gay o single o anziani, per soddisfare un presunto diritto al figlio spiega il presidente Giovanni Palombi -. Ma la legge 184 che regola le adozioni è intitolata 'Diritto del minore a una famiglia', non il contrario, il bene del bambino è l’unico criterio». La paura, visto il tempismo di certe pretese, è che «essendo fallito il tentativo di far passare la stepchild adoption (e di conseguenza la scorciatoia per l’utero in affitto) nella legge sulle unioni civili, ora si tenti di forzare il sistema adozioni - continua Palombi -. Per arrivare ad appagare un presunto diritto dei gay, si vorrebbe aprire a tutti. Come sempre, si dimentica il minore». Il metodo straordinario di padre Alceste diventa allora un patrimonio cui guardare per non perdere la rotta: l’abbinamento tra la famiglia italiana e i figli cileni avviene dopo una profonda conoscenza degli aspiranti genitori, scelti esattamente per 'quel' bambino. E poi la gratuità: la coppia scelta è ospitata due mesi in una delle casette di Quinta dove vive insieme a quel figlio, sotto la guida degli assistenti. «I bambini non si comprano », tuonava padre Alceste di fronte a certi business, «chi accetta vuol dire che non ha capito cosa vuol dire figlio». Rude con gli adulti, piangeva alla richiesta che i suoi piccoli, tirandogli la veste, ripetevano con occhi di supplica ogni volta che una coppia ripartiva con due o tre fratellini: «E i miei quando arriveranno?». E poiché la complessità di un figlio si moltiplica quando è adottivo, la famiglia non va mai abbandonata: «Padre Alceste continuava il suo via vai in tutta Italia, andava a trovare genitori e figli, li ricordava uno a uno per nome. E anche oggi le nostre famiglie fanno rete». Non a caso la percentuale di 'fallimenti' nelle sue adozioni è molto più bassa che altrove (2%). «I suoi 1.200 figli del Cile abitano in tutta Italia e non scordano quel primo padre che è stato Alceste», ricordano padre Francesco Petrillo, padre generale dell’Ordine, e don Pino Vittorangeli, suo amico da sempre a Tuscania: «I primi 45 bimbetti che un pullman gli scaricò a Quinta, nel 1970, non avevano nemmeno un nome o un documento - racconta il sindaco, Fabio Bartolacci -, lui donò loro persino la sua data di nascita» (così oggi molti risultano nati come lui il 28 marzo). «Si parla di accorpare gli enti o farli confluire tutti nel ministero degli Esteri, ma sarebbe un carrozzone, l’opposto del nostro metodo », conclude Palombi. «Ci vuole tanta umanità, non burocrazia. E poi non scordiamo i bambini grandicelli, anche loro hanno bisogno di una mamma e un papà, noi come padre Alceste riusciamo a darne tanti in adozione e non è vero che è più difficile, anzi, è ancora più bello». Quanto a derive come l’utero in affitto, l’ultimo a parlare è Pietro, 32 anni, ex bambino di Quinta, oggi infermiere: «Sono arrivato qui a un anno e i miei genitori mi hanno dato tutto. Ma mi mancava sempre quel pezzetto iniziale, la mia origine... dieci anni fa siamo andati insieme in Cile e lo abbiamo trovato». Nessun uomo può essere privato di sapere chi è sua madre, chi è suo padre. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’incontro
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: