mercoledì 21 luglio 2010
Il giudice non è più obbligato a disporre il carcere per gli indagati di violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e prostituzione minorile. Parzialmente illegittimo l'articolo 275 del Codice di procedura penale.
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Nei procedimenti per violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e prostituzione minorile, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell'indagato, ma se sono presenti elementi specifici, può applicare misure cautelari alternative, sempre con la garanzia che le esigenze cautelari siano comunque soddisfatte.Lo ha deciso la Corte Costituzionale dichiarando la parziale illegittimità costituzionale dell'articolo 275 del Codice di procedura penale. A partire dal 2009, a seguito dell'approvazione della legge di contrasto alla violenza sessuale – varata in risposta all’allarme sociale scaturito da gravissimi episodi di aggressioni alle donne – non era consentito al giudice (salvo che non vi fossero esigenze cautelari) di applicare, per i tre delitti sessuali al vaglio della Corte Costituzionale, misure cautelari diverse e meno severe della custodia in carcere alla persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza.La Consulta ha ora ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione.
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