giovedì 11 maggio 2017
Comunicare fiducia e speranza nella società della conoscenza: dibattito all'Università telematica internazionale Uninettuno, nell'ambito delle iniziative per la 51^ Giornata promosse dal Vicariato
Il tavolo dei relatori al dibattito dell'Università telematica internazionale Uninettuno

Il tavolo dei relatori al dibattito dell'Università telematica internazionale Uninettuno

COMMENTA E CONDIVIDI

Dare spazio alle notizie “buone e giuste” in una società distratta da un eccesso di informazioni. Come fare? Se lo sono chiesti i relatori del convegno “Comunicare fiducia e speranza nella società della conoscenza” organizzato dall’Università Telematica Internazionale Uninettuno, col patrocinio di Corecom Lazio - rappresentato dal suo presidente Michele Petrucci - e coordinato da Gianpiero Gamaleri, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione e docente di “Linguaggi della tv e del giornalismo”.

A dare il via al convegno il rettore Maria Amata Garito che ha invocato la necessità di norme più efficaci che regolamentino la rete e rendano «libero il cittadino globale». Riferendosi anche al suo libro L'università nel XXI secolo tra tradizione e innovazione (McGraw-Hill Education), che si interroga sulla funzione dell’università nella società della conoscenza, il Rettore si è chiesto come sia possibile assicurare la libertà dei cittadini, soprattutto sul versante della loro corretta informazione.

Una sfida accolta da tutti i relatori: «Noi comunicatori siamo i primi a dovere avere fiducia e speranza, perché solo così riusciamo a comunicarla agli altri», ha affermato Paolo Montesperelli, docente della Sapienza Università di Roma. Per Mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede e docente de “Lo spettacolo nella società multimediale, forme e linguaggi” all’Uninettuno, la ricetta sta nel non «confondere la visibilità delle notizie con la loro pertinenza» e, ha aggiunto, riprendendo alcuni passaggi del messaggio di Papa Francesco per la Giornata delle Comunicazioni Sociali, «dobbiamo raccontare il dramma del vissuto ma anche il bello che c’è in esso», unico modo per dare ancora speranza.

Giacomo Mazzone, responsabile relazioni istituzionali dell'Unione Europea di Radiodiffusione, ha invocato «il principio dell’etica»: «Creare e diffondere notizie – ha spiegato - richiede una sempre maggiore attenzione e responsabilità dal punto di vista morale». Occorre, ha aggiunto, «ripristinare la fiducia nei confronti dei media» e combattere lo «svilimento della professione giornalistica». Del tutto d’accordo Vincenzo Morgante, direttore della Testata Giornalistica Regionale RAI con le sue 24 redazioni distribuite su tutto il territorio nazionale, secondo cui si rende necessario un ritorno alla qualità dei contenuti e a un giornalismo che «recuperi la sua dimensione sociale e di servizio». Il trucco, ha aggiunto, è »valorizzare la buona notizia che non è sempre sinonimo di notizia leggera. La buona notizia ha una sua dignità e deve essere trattata come tutte le altre. Solo così il giornalista adempie al suo dovere di raccontare tutta la realtà». Opinione ribadita da Rodolfo De Laurentiis, docente di “Diritto dei new media” all’Uninettuno, che ha calcato la mano sul ruolo determinante e di guida che ha il servizio pubblico radiotelevisivo e sull’importanza di riconoscere il ruolo e la funzione dei media, come garanzia di un’informazione corretta.

Alberto Gambino, prorettore dell’Università Europea, ha invece ricordato la necessità di «ritrovare una piena sintonia tra l’essenza dell’essere umano e le nuove tecnologie» per evitare di diventarne vittime. Un ritorno alla lentezza è stato, invece, quello consigliato da Giovanni Anzidei, capo ufficio stampa dell’Accademia dei Lincei: «Riportiamo l’umanità al centro del sistema», ha affermato, valorizzando le eccellenze in ambito culturale. Marco Ferrazzoli, capo ufficio stampa del CNR, ha sottolineato invece l’importanza di dare nuovo impulso e fiducia alla ricerca, per evitare che la Rete la svilisca. Una proposta originale e molto concreta è arrivata da Massimo Marzi, autore del Benegiornale (Armando Editore): un nuovo format, adatto a tutte le piattaforme, che ha lo scopo di diffondere contenuti che raccontano il Bene. Un modo singolare per «arginare la smodata divulgazione del male».

Il vaticanista di Radio1Rai, Fabrizio Noli ha inviato un suo contributo al dibattito: «Il vero problema – scrive – in definitiva non è cosa comunicare, ma come. La buona notizia è una parola che troviamo nella Bibbia. Ma c’è pure una buona notizia laica, che si muove attorno a quelle cinque W, cardini del giornalismo anglosassone: chi, cosa, quando, dove, perché. Rispondere
a queste cinque domande è il primo grande passo per nutrire la buona notizia e dare speranza e fiducia».

A chiudere il convegno, l’intervento del vescovo ausiliare di Roma, Lorenzo Leuzzi, responsabile della pastorale universitaria: «Viviamo in una società in cui la gente crede a tutto, occorre insegnare un metodo critico-oggettivo perché – ha aggiunto – una società che adopera la tecnologia per evadere, non ha futuro. La rapidità dell’informazione non va confusa con la rapidità della conoscenza, a quest’ultima deve essere riconosciuta la priorità».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: