martedì 17 maggio 2016
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ROMA Alla fine non se ne farà niente. L’idea di tornare al voto su due giorni (alle amministrative e poi anche a ottobre, per il referendum costituzionale) viene ritirata ancor prima di arrivare in Consiglio dei ministri. «Lo chiedevano tutte le forze politiche di opposizione, alcune autorità istituzionali, anche i sindaci», era lo sfogo di Matteo Renzi nel decidere lo stop, in serata, ragionando con Alfano. «Quando il Viminale lo ha proposto, quantificando i maggiori costi in soli 5 milioni, sono scoppiate le polemiche. Una norma del genere, a poche settimane dal voto, avrebbe avuto bisogno del massimo di concordia. C’è, invece, chi non ha perso tempo per gridare allo scandalo. E allora non se ne fa nulla», chiudeva Renzi nella discussione con i suoi. Quel che resta, alla fine, dell’ipotesi di ripristinare la votazione old style (urne aperte anche il lunedì mattina) è solo una nota piccata del ministro dell’Interno che - dopo aver dato l’annuncio non ci sta a finire col cerino in mano. «Avevo proposto l’estensione del voto sia al lunedì di questo turno amministrativo che a quello della consultazione referendaria, e ovviamente per tutte le elezioni a seguire, per andare incontro all’istanza rappresentatami da più parti di ampliare la partecipazione al voto», è la ricostruzione che anche il titolare del Viminale fa in Consiglio dei ministri. Il ministro parla di «polemiche pretestuose e strumentali» che hanno riguardato sia «i costi» sia «chissà quali strategie occulte che sarebbero state alla base di questa mia iniziativa». Per cui alla fine «valuto opportuno lasciare le cose così come stanno». Un’ultima sottolineatura sui numeri, per precisare «che la spesa in più «non sarebbe stata di 120 milioni», ma solo «di circa 5 per le amministrative e di circa 18 per il referendum ». In realtà più che dalle opposizioni l’attacco più poderoso era venuto dall’ex premier Enrico Letta, autore di quella norma di spending review che nel 2013 aveva portato il voto su una sola giornata. «Mi chiedo proprio il senso di questo cambiamento. Costa molto», aveva detto Letta a Repubblica. «Dovunque in Europa si vota in un giorno solo». Poi era tornato sull’argomento su Twitter, invitando a «non tornare indietro su voto solo in un gior- no. Saremmo i soli. E poi cambiare per decreto a campagna elettorale in corso». Ancora un nuovo tweet dell’ex premier, per precisare ulteriormente, con l’ausilio di una grafica: «Tranne in Egitto e India #votoinunsologiorno è regola». Dalle opposizioni, invece, non era arrivato chissà quale attacco. Un po’ di dietrologia l’aveva fatta, in mattinata Renato Brunetta, il capogruppo alla Camera di Forza Italia, accusando Renzi di volere, ora, il voto su due giorni solo per «paura» della vittoria del no, per chiamare a raccolta nuovi votanti, da reclutare per il sì. Ciò detto Forza Italia restava favorevole, la conferma arrivava in serata da Silvio Berlusconi, che continuava definire «saggia» l’ipotesi a quell’ora ormai abbandonata dal governo: «Il voto è la massima espressione della democrazia e va sempre incoraggiato, mai limitato». Per M5S invece era stato Danilo Toninelli ad attaccare l’idea che il governo di lì a pochi minuti avrebbe scelto di ritirare. «Il Movimento 5 Stelle è contrario all’estensione a due giorni del voto sul referendum costituzionale», scriveva su Facebook il responsabile riforme dei grillini. Poi, proprio a ridosso dell’inizio del Consiglio dei ministri chiamato a prendere la decisione, rincarava la dose a Radio Cusano campus: «Stanno violando la legge che loro stessi hanno fatto perché gli conviene. Sono molto pericolosi. Stanno violando la legge che loro stessi hanno fatto perché gli conviene. E così buttano 200 milioni». A quel punto, per Renzi e Alfano, già in difficoltà per l’invettiva, documentata e mirata, di Letta veniva meno l’ultimo dubbio per fare macchina indietro su un’ipotesi della quale - sia pur informalmente tutti i partiti erano stati avvertiti. Renzi, a quel punto, non se l’è sentita di intestarsi una scelta e di beccarsi una nuova - prevedibile - raffica di polemiche sui costi, col rischio di mettere altra carne a cuocere a vantaggio del già agguerrito fronte del no. «Alla fine ha prevalso il buon senso. E il rispetto delle regole. Meglio così», era il commento serale di chi aveva aperto il fuoco contro la proposta, ossia Enrico Letta. E il cerchio si chiudeva con il senatore renziano Andrea Marcucci, autore di quella proposta, nel 2013: «Il governo Renzi ha scelto la soluzione migliore. Continuare a votare in una sola giornata conferma che non esiste un’anomalia italiana in Europa». © RIPRODUZIONE RISERVATA Dietrofront
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