martedì 31 maggio 2016
La città «riscoperta» in cerca di un progetto forte
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Napoli prova a rialzare la testa. A rendere strutturale e soprattutto fattore di speranza quel rilancio di immagine che la città ha avuto negli ultimi tre anni. Tre anni che parlano di un bilancio turistico eccellente per presenze, a dispetto di una città che continua a vedere interi quartieri – al di là di esperienze pilota dell’associazionismo, ai limiti dell’eroismo – sottratti a una prospettiva di legalità e lavoro onesto, in cui l’unica scuola che continua a funzionare resta la strada con gli ammazzamenti fra clan rivali all’ordine del giorno. RINASCIMENTO NAPOLETANO? Punto interrogativo d’obbligo, dopo il successo piuttosto effimero che a metà anni 90 caratterizzò l’esperienza amministrativa di Antonio Bassolino, utilizzando il "traino" del G7 del 1994 con i Grandi del mondo incantati dalla bellezza di quella che fu un tempo la Capitale del Regno delle due Sicilie. Ma la riscoperta formidabile che già allora si realizzò dei monumenti napoletani durò poco, e soprattutto non si rivelò in grado di invertire la rotta in una città che si ritrovò - passata la "festa" - avvolta nel solito vortice di illegalità, corruzione, disoccupazione, reso poi persino più drammatico dalla crisi economica. Poi però - complice proprio la crisi economica e la caduta delle mete esotiche, per il rischio attentati - sempre più italiani e sempre più stranieri si sono ritrovati a riscoprire questo scrigno di cultura e bellezze naturali da poter visitare a buon mercato. Cosicché, per il terzo anno consecutivo, dal 2013 la città si mantiene a un livello di presenze intorno ai tre milioni, pari a un più 54 per cento rispetto al triennio precedente. Per più della metà si tratta di stranieri, con Francia, Usa, Gran Bretagna, Germania e Giappone ai primi posti. Mentre in Italia è la Lombardia, la Regione di provenienza più prodiga i turisti, a ulteriore conferma di quanto l’Alta velocità ferroviaria abbia contribuito ad avvicinare le Regioni (non tutte, purtroppo). Ma ora il tema vero diventa un altro: come fare in modo che la città viva una prospettiva vera di sviluppo, come trasformare questo trend positivo in progettualità. L’ANTIPOLITICA AL POTERE  La gestione del porto, il futuro di Bagnoli, la prevenzione nei quartieri più a rischio, sono i temi che hanno caratterizzato maggiormente quest’infuocata campagna elettorale per gestire la nuova amministrazione di Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli, con splendida vista sulla Stazione marittima e sul golfo. L’anomalia napoletana vede ripresentarsi nelle vesti di favorito Luigi De Magistris, l’ex pm che ha portato il vento dell’antipolitica al successo prima di M5S, senza che dopo di lui i grillini - non ancora, almeno - siano riusciti a piantare una loro bandierina su un’amministrazione così importante. Sostenuto a suo tempo dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, l’attuale sindaco entrò presto in urto con l’ex pm di Mani Pulite e oggi è in grado di fare da solo, senza i partiti. Ben 15 le liste a suo sostegno, ma il solo partito nazionale che lo appoggia è Sinistra Italiana, con Stefano Fassina personalmente in campo come candidato consigliere. C’è chi prevede che, in caso di vittoria, De Magistris lancerà un suo movimento su scala nazionale, anche se lui assicura che - se vincerà - il suo futuro sarà solo legato a Napoli, fino al 2021. Principale contendente è Valeria Valente, espressione del partito di maggioranza relativa sul piano nazionale che ha ottenuto la candidatura battendo alle primarie Antonio Bassolino. Ma di certo le polemiche per gli euro offerti davanti ai seggi (come la vicenda del presidente del partito campano Stefano Graziano, indagato per presunti favori alla camorra) non l’hanno aiutata. Il centrodestra ha un suo candidato forte, Gianni Lettieri, imprenditore del settore tessile ed ex presidente degli industriali della Provincia, con una presenza significativa anche nel mondo dell’editoria. Ma anche a Napoli il centrodestra si spacca, con la discesa in campo di un leader storico della destra napoletana, come Marcello Taglialatela, quattro volte deputato, candidato di Fratelli d’Italia. Mentre M5S punta su Matteo Brambilla, ingegnere esperto di temi ambientali il cui cognome tradisce le origini brianzole, ma da un decennio, dopo il matrimonio - emigrante di segno contrario - ha scelto di vivere all’ombra del Vesuvio. Sono in tutto 10 i candidati. In campo anche il Popolo della Famiglia che presenta Luigi Mercogliano, ex sindacalista della Cisl che assicura, se eletto, di volersi occupare di Napoli «come farebbe un buon padre di famiglia». Gli altri candidati sono Nunzia Amura (Partito comunista italiano); Domenico Esposito (Qualità della vita per Napoli), uscito da M5S; Paolo Prudente (Partito comunista dei lavoratori) e Martina Alboreto (Fratelli del popolo italiano) leader del movimento anti-trivelle.IL PORTO ALLA DERIVAEra il 15 marzo 2013 quando l’allora ministro dello Sviluppo del governo Monti, Corrado Passera, firmava il decreto di nomina a commissario per Luciano Dassatti, già presidente dell’Autorità portuale. L’11 dicembre dello stesso anno gli succederà Felicio Angrisano, allora comandante delle capitanerie, seguito il 30 aprile 2014 da Francesco Karrer, ex presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici. Infine, esattamente un anno dopo, è arrivato Antonio Basile, allora direttore marittimo della Campania. In tutto quasi 40 mesi di commissariamento in un continuo braccio di ferro fra istituzioni. Il Comune contro la Regione, la Regione (con l’ex presidente Caldoro) contro il governo centrale. E si potrebbe parlare di Bagnoli, la splendida periferia Nord della città deturpata dall’Italsider, non ancora restituita a una fruizione sostenibile di cultura e turismo. Terreno, anche questo, di uno scontro al calor bianco fra Renzi e De Magistris. Culminato nel discorso choc del sindaco in apertura di campagna elettorale (infarcito di parole pesanti e minacciosem diventato virale sul web), e nell’accoglienza non proprio amichevole riservata a Renzi proprio a Bagnoli, per pubblicizzare il progetto di Città della Scienza, da portare avanti «con o senza il Comune». Un clima che certo non giova al futuro della città, basti guardare ai fondi europei andati perduti, nel frattempo, proprio sul Porto e al tempo passato invano per Bagnoli. LA CITTÀ CHE NON SI ARRENDE«Chiunque sarà chiamato ad amministrare la città - spiega Antonio Mattone, direttore dell’Ufficio di Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Napoli - dal giorno dell’insediamento è necessario che si rapporti operativamente con le altre istituzioni. Se non per simpatia verso gli interlocutori deve farlo per il bene della città», chiede. Questo dissidio, invece, rischia di ripercuotersi anche sul progetto che il governo ha messo in campo per la sicurezza a Napoli, 10 milioni stanziati per tenere aperte le scuole anche d’estate. Anche in quartieri che vedono la dispersione scolastica vicina al 30 per cento. In cui giovani boss senza scrupoli, senza nemmeno i codici rispettati in qualche modo da capi messi in carcere dalle ultime operazioni di polizia, hanno ripreso ad ammazzarsi per strada, in una nuova faida infinita di camorra. «Ogni giorno - racconta Mattone - famiglie in grandi difficoltà vengono chiedono aiuto e non sappiamo come aiutarle». C’è chi si dedica con coraggio e fantasia. Don Antonio Loffredo, parroco del rione Sanità ha avuto la brillante idea di sfruttare il boom del turismo per impiegare i ragazzi del quartiere come guide, sottraendoli al reclutamento dell’illegalità: «Ma non si può pensare di svuotare il mare con il secchiello, le istituzioni debbono fare la loro parte, insieme».
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