sabato 11 marzo 2017
L'uomo di 45 anni è stato trovato carbonizzato nel portico dove dormiva abitualmente. Lascia due due figlie adolescenti. L'omicida ha confessato: ha agito per gelosia
I funerali del clochard morto carbonizzato ((Petyx)

I funerali del clochard morto carbonizzato ((Petyx)

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Orrore e rabbia a Palermo per la morte di un clochard bruciato vivo nella notte tra venerdì e sabato. L'uomo, Marcello Cimino, 45 anni, viveva per strada per scelta. Era spostato ed aveva due figlie, ma da un po' di tempo aveva lasciato la sua casa. Chi lo conosce lo descrive come una persona gentile, che non faceva male a nessuno. Dormiva nel portico di una struttura di accoglienza dei frati Cappuccini, ma non voleva essere "accolto". Il suo aguzzino, ripreso dalle telecamere di sorveglianza, gli ha gettato addosso un liquido infiammabile. Per gelosia, per quei presunti sorrisi che Cimino avrebbe rivolto alla sua compagna. La morte orribile del clochard ha scosso e indignato la città di Palermo e non solo. Domenica sera c'è stata fiaccolata in città, stasera il vescovo Lorefice invita tutti i cittadini a pregare e a riflettere su quanto accaduto.


Stamattina i funerali. Il parroco: gli abbiamo tolto la dignità


Un lunghissimo applauso ha accolto l'arrivo della salma di Marcello nella chiesa dell'Annunciazione del Signore, in via Verdinois. Nella chiesa gremita tanti tra amici e parenti di Marcello erano presenti per rendergli omaggio e dargli l'ultimo saluto. Sulla bara è stata posta una sciarpa con i colori della squadra del Palermo. All'interno, sedute in prima fila la ex moglie Jolanda e le due figlie. Ad officiare la messa padre Cesare Rattoballi: "Marcello è stato pensato, voluto, amato, chiamato all'esistenza da Dio. Gli è stata conferita la dignità di creatura dell'uomo e battezzato figlio di Dio, ma cosa gli abbiamo fatto a Marcello? Cosa gli abbiamo fatto con la nostra indifferenza, con la burocrazia, con la mancanza di lavoro, del non accorgerci dei suoi bisogni, delle sue ferite che portava dentro di sé? Gli abbiamo tolto la dignità, la vita. Nessuno può essere arbitro della vita dell'altro, nessuno. Cosa ne abbiamo fatto di Marcello? Ne abbiamo fatto una torcia umana. Ma Dio avrà pietà di Marcello e della sua terribile morte". Presenti alla cerimonia anche il sindaco Leoluca Orlando e l'assessore alla Cottadinanza Giusto Catania.


La città di Palermo si indigna: fiaccolata e preghiera

La città non si ferma. Dopo la fiaccolata di ieri sera, nel corso della quale almeno cinquecentomila palermitani hanno ricordato Michele Cimino, il clochard 45enne bruciato vivo, stasera Palermo si stringe al suo arcivescovo Corrado Lorefice. Insieme al parroco di Santa Maria della Pace, Enzo Marchese, e a tutte le realtà che ogni giorno servono gli ultimi e i più fragili, Lorefice invita la città a riflettere, a pregare e ad agire. Tra i presenti, la Caritas diocesana, la Comunità di Sant'Egidio e quella dei Frati minori cappuccini. Il vescovo invita tutti a essere presenti in piazza Cappuccini: "La vita di Marcello, uomo senza dimora - sottolinea la diocesi - è stata spezzata da un gesto orribile e disumano che provoca in noi sgomento e dolore e ci richiama a un mondo spesso dimenticato e sottovalutato, quello dei senza dimora. Rimaniamo inorriditi di fronte ad un atto di crudeltà incomprensibile che colpisce la nostra comunità. "Ci addolora pensare che Palermo - afferma la Caritas diocesana - città che ha dimostrato in tante occasioni accoglienza,solidarietà e generosità, possa generare azioni prive di compassione. Nella sua drammaticità, la morte del nostro fratello ci sprona a lavorare affinché si diffonda una cultura della non violenza, della solidarietà nella consapevolezza".


L'omicida confessa: il movente è la gelosia

Nel pomeriggio di sabato, dopo diversi interrogatori, la polizia ha fermato un uomo, un benzinaio 45enne. L'uomo alla fine ha confessato l'omicidio: G.P. avrebbe agito per motivi di gelosia. Riteneva infatti che l'uomo fosse la causa della separazione dalla sua compagna. Il capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti ha confermato che G.P. "pensava che Cimino gli insidiasse la fidanzatae. Tra i due c'era stata una lite qualche giorno prima, nella piazza vicina alla Missione San Francesco dei Cappuccini dove è avvenuto il delitto".



Il legale dell'omicida: il mio assistito sotto psicofarmaci

Brigida Alaimo, avvocato dell'assassino, dice che il suo cliente davanti agli agenti era ansioso e confuso e ha chiesto
di prendere gli psicofarmaci che assumerebbe con regolarità a causa di una malattia psichiatrica; pillole che gli sono state
negate, in attesa di una visita medica in carcere.

La vittima aveva scelto di vivere per strada, aveva due figlie

"Solo un mostro può bruciare viva una persona. Questo mostro ha lasciato due ragazzine senza un padre". È lo sfogo di Iolanda, la moglie del clochard bruciato vivo. La donna è arrivata con le sue due figlie sul luogo dell'omicidio. Racconta che la vittima "aveva una casa in cui vivere, un alloggio popolare al villaggio Santa Rosalia, ma da tempo aveva deciso di vivere dai Cappuccini dove si trovava bene". Se ne era andato lui di casa un anno e mezzo fa "perché aveva qualche vizio - racconta la moglie tra le lacrime - e aveva preferito andare via per il bene della famiglia". Ma continuava ad avere rapporti con la moglie e le figlie, sopratutto con le due ragazze, entrambe minorenni. "Aveva sentito le mie figlie pochi giorni fa - dice la moglie - e, per l'ennesima volta, le ragazze gli avevano chiesto di tornare a casa. Ma lui preferiva restare qui".


Potevano esserci altre vittime, nel portico dormivano anche tre persone

"Lo conoscevo di vista, ma mi aveva colpito per la sua gentilezza. Era una persona cortese, disponibile, sempre pronta ad aiutare i volontari e a dare una mano quando occorreva. Non ho mai visto in lui segni di atteggiamenti violenti". A dirlo è Mimmo Scafidi, responsabile della Missione San Francesco dei frati minori Cappuccini di Palermo. "Stamattina si è presentata la sorella e quando le abbiamo chiesto perché non l'aveva accolto a casa - dice ancora Scafidi - ci ha detto che era stata una sua scelta vivere da barbone. Insieme a lui, nel giaciglio improvvisato sotto i portici vivevano altre tre persone. "Per puro caso non si trovavano con lui ieri sera - spiega - sono dei miracolati perché le vittime di questa barbarie potevano essere di più".


La Missione riapre oggi, tre giorni di chiusura per lutto

C'è ancora incredulità tra i senzatetto e gli indigenti che ogni giorno frequentano la missione dei Cappuccini che è rimatsa chiusa per tre giorni per lutto. "Ma allora è vero?", grida la signora Vincenza, che arriva con il suo borsone pieno di stracci. Preferisce non dire il suo cognome perché dice, abbassando la voce, "i miei figli non sanno che vengo qui a mangiare...". Arrivano due volontari che ogni giorno danno una mano ai frati cappuccini. Anche loro non riescono a crederci. "Marcello era una persona molto mite - dicono all'unisono - non avrebbe mai fatto male a una mosca". "Veniva tutti i giorni qui - dice Romano, 79 anni, con il giornale sotto il braccio - Anche io vengo ogni tanto per mangiare qui. E Marcello non era uno che cercava la lite, come fanno altri". Vedevo spesso Marcello - dice Lina - ogni tanto scambiavamo qualche parola, mi diceva che lui cercava di racimolare qualche soldo con il ferro. E poi mi parlava delle sue figlie, che adorava".



Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso l'aggressione

Nei pressi del refettorio della struttura dove è stato trovato carbonizzato, c'è una sola telecamera di sorveglianza che non era puntata sul giaciglio di fortuna del senzatetto. Nel video (postato sul sito di Repubblica) un uomo con un giubbotto scuro e un passamontagna calato sul volto si avvicina con un secchio bianco in mano verso il giaciglio in cui dorme Marcello Cimino. Il secchio viene svuotato addosso a Cimino. Poi il fuoco e la fuga dell'assassino tra i bagliori delle fiamme.



Il vescovo Lorefice: il cuore si strappa davanti a quelle immagini


"Indignazione" e "presa di distanza" perla barbarie avvenuta a Palermo arrivano dall'arcivescovo Corrado Lorefice e anche un appello ad interrogarsi su tanta efferatezza. "È impensabile che un uomo sia capace di un gesto così efferato", afferma in un'intervista a Radio Vaticana. "È terribile - osserva il presule - pensare fino a che un uomo è capace di spingersi, e di fare un gesto di questo genere. Vuol dire che il cuore degli uomini sta diventando di pietra, perde la propria identità. Vedere quelle immagini significa che il cuore si strappa". Da qui tutta "l'indignazione per un gesto che si consuma nei confronti di gente che porta dentro un disagio, segno di povertà non solo materiale". Un gesto tanto efferato che, come dice Lorefice, deve interrogare tutta la società a lavorare per un "cultura del dialogo, della non violenza. Siamo tutti interpellati a ripensare la nostra vita in altri termini". Lorefice parla del clochard bruciato nella notte: "Tutti i giorni andava alla mensa dei frati cappuccini e poi al "Boccone del povero" per la cena ma non voleva essere ospitato in una struttura.Volutamente un clochard non vuole dipendere, ma quando succedono cose di questo genere non c'è giustificazione. Un fatto del genere ci deve interpellare: fare di tutto per una cultura della non violenza".


Il sindaco Orlando: fiaccolata e bandiere a mezz'asta

Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando ha subito condannato l'episodio: "occorre che Palermo risponda a questa violenza" ha poi aggiunto il primo cittadino, invitando tutti i palermitani a essere presenti domenica in Piazza Cappuccini per "una fiaccolata silenziosa che risponda con civiltà e raccoglimento a questo momento di orrore". Orlando ha disposto anche l'esposizione delle bandiere a mezz'asta al Palazzo comunale.

La Caritas di Palermo: una barbarie inaudita

"Una barbarie inaudita, un atto ingiustificabile, il gesto di un violento che ha pensato così di farsi giustizia da sé. Una violenza di cui poteva rimanere vittima chiunque". A dirlo è don Sergio Mattaliano, direttore della Caritas di Palermo, commentando il brutale omicidio del clochard. "Non lo conoscevamo, non si è mai rivolto a noi" spiega don Mattaliano. Che tra i tanti che ogni giorno bussano alla porta della Caritas per chiedere un aiuto non ricorda quel nome. "A Palermo c'è una crisi devastante, il risveglio economico in città non è mai arrivato e la situazione è di giorno in giorno più drammatica" ammette. A rivolgersi alla Caritas sono soprattutto italiani. Il problema principale resta la disoccupazione. "Manca il lavoro - spiega il direttore della Caritas di Palermo - e non ci sono neppure politiche serie utili a uscire da questa drammatica condizione".


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