venerdì 26 ottobre 2018
La Capitale è costretta a esportare 3mila tonnellate al giorno su 160 tir. Differenziata ferma al 42% e nessuna soluzione in vista
Senza impianti di smaltimento i rifiuti viaggiano sprecando 63 milioni
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Ogni giorno partono da Roma 160 Tir, con più di 3mila tonnellate di rifiuti, diretti in impianti di otto regioni. Con un costo di 180 milioni di euro all’anno, e uno 'spreco' di 63 milioni, quelli che il comune potrebbe risparmiare se smaltisse i rifiuti in proprio. Invece la Capitale d’Italia non lo fa, perché non ha nessun impianto di smaltimento e deve ricorrere a quelli pubblici e privati di altre regioni. Ma resta sempre con l’acqua alla gola e basta poco, bastano pochi Tir che non partono o il blocco dei mezzi pesanti nei fine settimana, e la città si riempie di 'monnezza'. Mentre i Tir riempiono di gas inquinanti l’atmosfera.

Roma produce 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, circa l’1% in più degli ultimi anni. Sono circa 600 chili l’anno pro capite, al di sopra della media nazionale di 480. Al giorno sono 4.700 tonnellate di rifiuti. Da Pasqua ai primi giorni dell’estate e poi nel mese di dicembre si hanno i picchi fino a 5mila. La raccolta differenziata è al 42%, cioè circa 700mila tonnellate. Un milione di tonnellate viene inviato agli impianti di trattamento meccanico biologico ( Tmb), che separano i rifiuti in una parte più umida (il 25%) destinata in discarica, una parte combustibile (20%) e poi un 55% di scarti. I Tmb sono sempre gli stessi. Due a Malagrotta, di Cerroni ma commissariati dalla magistratura, e i due dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti, a Rocca Cencia e Salario. In tutto lavorano 700mila tonnellate di rifiuti indifferenziati all’anno. Ne avanzano 300mila che vanno in Tmb in Abruzzo, Frosinone, Latina e Viterbo. Altre 30mila tonnellate, vanno ad incenerimento, come 'tal quale', in Emilia Romagna e Lombardia. Si aggiungono 200mila tonnellate di rifiuti organici raccolti con la differenziata ma poi mandati ad impianti di compostaggio fuori regione, perché nel Lazio non ce ne sono.

Dunque Roma esporta 1,2 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, con una spesa di 180 milioni. Se li smaltisse in proprio risparmierebbe in primo luogo il 10% di guadagno che hanno gli smaltitori, ma poi soprattutto 50milioni di trasporti. In tutto 63milioni di euro. Coi quali, ad esempio, si potrebbero costruire due impianti per il trattamento della frazione organica che darebbero alla città di Roma non solo la possibilità di essere autosufficiente, ma addirittura di 'vendere' spazi agli altri comuni della Città metropolitana. Il comune ha annun- ciato, ma solo in bozza, due impianti di trattamento per 60mila tonnellate ciascuno, insufficienti per le 200mila di organico raccolto all’anno. Ma si corre il rischio di non riuscire a fare neanche questi. Sono previsti, infatti, a Cesano e Casal Selce, aree con vincoli paesaggistici, archeologici, idrogeologici. Oltretutto per Cesano il comune non ha la disponibilità dei terreni. Sono inoltre aerobici, cioè disperdono in atmosfera il biogas naturale sprigionato dalla degradazione dei rifiuti, che invece può essere bruciato producendo energia. Da un punto di vista tecnologico sono dunque impianti vecchissimi.

Ma perché tanti rifiuti per strada? Il motivo è soprattutto la totale assenza di impianti finali di smaltimento di cui soffre la città. Così è obbligata a utilizzare le prestazioni di terzi. E sono loro a decidere quanti rifiuti prendere, quando e se prenderli. Così Roma è permanentemente sotto schiaffo. Nei Tmb non ci sono aree di stoccaggio e quindi, ad esempio, se al Tmb Salario arrivano 600 tonnellate al giorno, ne devono andare via 600 lavorate. Ma se non vanno via, l’impianto va al collasso, non può più ricevere rifiuti da trattare perché non riesce a liberarsi di quelli trattati. Questo si produce spesso ma con cadenza regolarissima nei mesi di giugno-luglio e dicembre, quando aumenta la produzione in tutta Italia. Gli impianti del Nord e del Sud, ovviamente, quando hanno bisogno di impegnare le loro strutture lo fanno prima di tutto per i rifiuti locali, e solo dopo per Roma o Napoli. Quindi Ama sta utilizzando la città come una immensa stazione di stoccaggio dei rifiuti, per cui non riuscendo a trattare le circa 3mila tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno, ne lascia per strada 4500, ma a macchia di leopardo.

Intanto sono andate deserte le gare per la fornitura del servizio di trasporto e smaltimento dei rifiuti che escono dai Tmb. Perché? Tutti sanno che Roma è con l’acqua alla gola e che quindi è pronta a pagare qualunque prezzo pur di non restare sommersa come Napoli dieci anni fa. E allora perché partecipare alle gare? Tanto i rifiuti comunque li devono dare a chi ha gli impianti. Inoltre Ama fa le gare ai prezzi medi di mercato, cioè 154 euro a tonnellata, e quindi partecipando bisognerebbe offrire un prezzo più basso. Ma se Ama è disposta a pagare, come sta facendo, cifre molto più alte, anche più di 200 euro, con contratti ponte a trattativa diretta, perché si dovrebbe partecipare alle gare?

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