mercoledì 25 febbraio 2015
​Don Ciotti, don Panizza e don Scordato al procuratore Roberti, che aveva accusato la Chiesa di essere stata per decenni in silenzio "sul fenomeno mafia".
LA TESTIMONIANZA L'antimafia senza clamori che cambia la vita (Marco Iasevoli)
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"Nella Chiesa noi abbiamo davanti agli occhi tanti esempi di chi vive il Vangelo con radicalità e senza accomodamenti. Pronti a dare la vita per combattere le mafie. Come è capitato in passato, capita oggi e capiterà in futuro". Risponde così, don Luigi Ciotti, presidente di Libera, intervistato da Radio Vaticana, a chi gli chiede un commento sulle parole con le quali il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, aveva accusato la Chiesa di essere stata per decenni in silenzio "sul fenomeno mafia ed avere gravi responsabilità". Don Ciotti è chiaro:" Se dobbiamo parlare di silenzi - che ad onor del vero nella Chiesa ci sono stati, comprese anche alcune connivenze - dobbiamo, però, parlare anche dei silenzi, delle complicità, delle reticenze, da parte di ampi settori della politica, della società civile e di organizzazioni istituzionali del nostro Paese che hanno colpe pesantissime. Questo è il vero problema. La Chiesa ha le sue fragilità ma anche testimoni bellissimi come don Pino Puglisi, per citarne solo uno". Sulla stessa lunghezza d'onda anche don Giacomo Panizza, fondatore della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme e da anni impegnato contro la 'ndrangheta. Don Giacomo ricorda che a mettere la propria vita a repentaglio per sbarrare la strada ai boss non ci sono solo preti, ma anche laici impegnati nelle parrocchie, nelle Caritas, nei centri d'ascolto. "E tutto questo lavoro - afferma - si deve per forza fare sotto silenzio. Per esempio, se si aiuta una persona a rompere i legami con la criminalità e a riportarlo sulla retta via in un contesto sociale difficile come quello calabrese o siciliano, non si può finire sui giornali. Anzi non si deve". "Tutto questo impegno - assicura un altro prete da anni in lotta con le cosche, don Cosimo Scordato, rettore di San Francesco Saverio all'Albergheria di Palermo - è molto più diffuso di quanto si può vedere. Spesso è anche anonimo e vive della fedeltà ai propri impegni. E al Vangelo".
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