lunedì 4 luglio 2016
Arrestato nel 2014, eritreo, 32 anni, Nuredin Wehabrebi Atta è la chiave di volta delle indagini della Procura di Palermo sul traffico d'esseri umani nel Mediterraneo. Ecco le sue rivelazioni.
Traffico di uomini, chi è il superpentito degli scafisti

ANSA

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«Ho deciso di collaborare perché ci sono stati troppi morti ed in particolare quelli di Lampedusa del 3 ottobre 2013, su cui io non c'entro nulla ed anche numerosi altri. Anzi preciso che i morti di cui si viene a conoscenza sono una minima parte tant'è che in Eritrea otto famiglie su dieci hanno avuto delle vittime dovute ai viaggi dei migranti». Arrestato nel 2014 e condannato a 5 anni, eritreo, 32 anni, Nuredin Wehabrebi Atta è il primo pentito tra i trafficanti d’esseri umani. Il primo che di quel traffico ha deciso di parlare. Una miniera di informazioni e di orrori, su cui la Procura di Palermo lavora giorno e notte. È grazie a lui che negli ultimi mesi il team guidato da Franco Lo Voi ha potuto ricostruire la principale organizzazione che gestisce la tratta nel Mediterraneo, i meccanismi e le regole d’ingaggio, persino il listino prezzi delle traversate (del deserto prima, del mare poi). >> LA RIVELAZIONE: CHI NON PAGAVA UCCISO PER TRAFFICO DI ORGANI Il nome ripetuto decine e decine di volte è sempre lo stesso: Ermias Ghermay. Etiope, sulla carta residente attorno a Tripoli, con moglie e figlia in Germania, ha un mandato di cattura internazionale ed è fra i “superiori” del pentito. Secondo i racconti di Atta, è lui ad aver organizzato il viaggio che il 3 ottobre 2013 ha provocato la morte di 366 migranti davanti a Lampedusa. Ed è sempre da lui che Atta avrebbe saputo i particolari agghiaccianti – per ora non confermati dalla procura – del traffico d’organi: «Chi dopo essersi impegnato non aveva i soldi per pagare il viaggio veniva venduto anche per 15.000 euro a un gruppo di egiziani – ha spiegato Atta - che si occupavano di espiantare e vendere i loro organi». L’organizzazione opera, oltre che in Nord Africa, sul territorio italiano con cellule attive ad Agrigento, Palermo e Roma, nonché in diversi Paesi europei, tra cui spiccano Svezia e Germania. Ed è proprio per Berlino che a primavera scorsa si stava imbarcando il fratello di Ermias, Asghedom Ghermay, detto "Amice", arrestato dalla Dda a Fiumicino. Anche per il suo arresto le informazioni data da Atta furono fondamentali, come per quelli di oggi. Le indagini accertarono numerosi contatti intercontinentali tra i membri dell'organizzazione tra le opposte rive del Mediterraneo con infiltrati fin dentro ai centri di accoglienza. All'interno del Cara di Mineo, per esempio, alcuni affiliati aiutavano Asghedom a fare in modo che molti migranti presenti nel Centro potessero allontanarsi verso varie località del Nord Europa, pianificando e organizzando i loro spostamenti come un'agenzia di viaggi clandestina.

 

Altra agenzia, stavolta di smistamento di esseri umani, è stata scoperta proprio in queste ore grazie alle informazioni di Atta nel cuore di Palermo: è lì che, secondo le informazioni date dalla Procura, i migranti venivano raccolti per essere poi dirottati in altre parti d’Italia. Da uno, forse due italiani: «Lavorano con un furgone – ha raccontato ancora Atta - con il quale trasportano circa 14 persone a settimana per conto dell'organizzazione». E poi il centro operativo individuato a Roma, dove per la prima volta la Dda è riuscita anche anche a individuare ingenti flussi di denaro: finivano in una profumeria di via Volturno, vicino a Stazione Termini, e quella era la centrale delle operazioni di transazione effettuate con il cosiddetto metodo "hawala", che si basa sulla parola e sulla fiducia di una rete di mediatori. Tra scaffali e armadietti gli agenti hanno sequestrato 526.000 euro e 25.000 dollari in contanti oltre ad un libro mastro con centinaia di nomi di stranieri. Le indagini hanno permesso di accertare che, a chi pagava di più, l'organizzazione era in grado di garantire l'arrivo in Italia non via mare ma tramite ricongiungimenti familiari. Era di circa 300.000 euro a settimana il volume degli ulteriori affari che l'eritreo gestore della profumeria consegnava ogni sabato ad un altro emissario eritreo, che a sua volta girava il denaro in Libia.

Di più, grazie alle rivelazioni di Atta e alle indagini della polizia per la prima volta si scopre che sui barconi, insieme alle migliaia di persone spedite dalla Libia, i trafficanti fanno arrivare anche droga proveniente dall'Etiopia. Il vaso di Pandora è appena stato scoperchiato.

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